Il blog di Carpenedo

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La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

Guardare le cose da lontano

Inserito il 8 Settembre 2019 alle ore 09:42 da Plinio Borghi

Guardare le cose da lontano ti consente di afferrare il senso dell’insieme. Ogni prospettiva, in effetti, ti da uno spaccato e se fissi un primo piano indubbiamente cogli una serie di particolari, ma corri il rischio di non capire il contesto e le motivazioni della loro collocazione. Sembra strano, ma tendiamo a vivere più di primi piani che di sguardi panoramici: presi dagli affetti più stretti, dagli amici, dai rapporti sociali, dalle abitudini, dallo studio, dal lavoro, dal tempo libero, dagli interessi sportivi e culturali, dalle ferie, dai problemi di salute, dalle preoccupazione per la sopravvivenza, dalle faccende per agevolare la routine, ecc., tutte cose senza dubbio importanti, e guai se così non fosse, fatichiamo a prendere le distanze per inquadrare il tutto in una visione generale dei grandi problemi della vita. Non solo, siamo anche poco propensi ad impegnarci sulle questioni sociali più incalzanti, sulle esigenze che regolano le sfere religiosa e politica; non ci invoglia molto la partecipazione, nemmeno alle riunioni di condominio. Salvo poi protestare se le cose non vanno come dovrebbero, e intaccano quegli stessi interessi cui teniamo, o se nella società si sono via via smarriti i valori di riferimento. Ancora una volta è il Vangelo che ci offre una sferzata stimolante: uscire decisamente dal particolare e darsi una prospettiva di più ampio respiro. “Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo”. Drastico il nostro Maestro! È evidente, tuttavia, che ci spinge a non vivere in modo parcellizzato, in quanto c’è il rischio di perdere di vista gli obiettivi importanti. E insiste: “Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me non può essere mio discepolo”. Viene da chiedersi: “Ancora? Ma la vita non è già una croce? Vada dover passare per la porta stretta, dire che la fatica appaga, che i primi saranno gli ultimi, ma anche farsi carico della croce..”. Non fermiamoci ancora una volta alle parole, ma cogliamone il senso. Gesù l’ha abbracciata con gioia la sua croce, non perché era masochista, ma perché rappresentava il compimento del progetto che il Padre aveva su di lui. Ci ha offerto una prospettiva che giustifica tutto e questo è il messaggio: non occorre rinunciare a nulla di particolare, ma sublimare le azioni (dovute) per inserirle in un progetto di ampio respiro che dia loro spessore e ce le faccia vivere più compiutamente.

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