Il blog di Carpenedo

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La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

I cosiddetti tre “miracoli”…

Inserito il 12 Gennaio 2020 alle ore 10:00 da Plinio Borghi

Dei cosiddetti tre “miracoli” che contraddistinguono la manifestazione del Signore, siamo al secondo: il Battesimo. I primi due, l’Epifania e il Battesimo, appunto, vengono riproposti tutti gli anni, mentre il terzo, la trasformazione dell’acqua in vino alle nozze di Cana, ricorre nella liturgia dell’anno C. I fatti di questa e della prossima domenica si svolgono nella stessa location ad opera di due diversi evangelisti, Matteo e Giovanni, come fossero in sequenza cronologica. Perché? Oggi si vuol porre l’accento sulla consapevolezza pure del nostro battesimo, tanto che al posto della professione di fede (il Credo) è in facoltà proporre la rinnovazione delle promesse battesimali, mentre la prossima settimana l’attenzione si sposta sulla testimonianza. C’è già l’anticipazione del Battista che avverte come dopo di lui, che si serve dell’acqua per sancire la conversione, arriverà uno che battezzerà in Spirito e fuoco; l’abbiamo sentito durante l’Avvento. Stavolta ci siamo, ma il Maestro lo spiazza presentandosi per sottoporsi al rito alla pari degli altri. “Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia”, dice il Messia al secondo cugino riluttante. Già questo basterebbe a noi per indurci a un serio esame di coscienza, specie quando siamo portati a eludere il Sacramento della penitenza con la scusa che in fin dei conti non abbiamo fatto nulla di male da dover confessare. Gesù si rifà spesso alle scritture nell’adempiere a cose che in realtà a lui non servirebbero e non agisce per rispetto alle formalità né per fare il Pierino di turno, bensì per metterci con le spalle al muro: se l’ha fatto lui nessuno può mettersi a confronto con chicchessia col pretesto di eludere il proprio dovere. E infatti, quasi a solennizzare la magnificenza del gesto, a Giovanni si presenta una scena apocalittica: i cieli si aprono, scende lo Spirito sotto forma di colomba e una voce dal cielo che proclama la frase ormai nota “Questi è il Figlio mio l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento”. Qui andiamo oltre: non siamo più a un stella che indica il cammino dei magi, non siamo all’angelo che annuncia ai pastori lo straordinario evento: è Dio stesso che si svela nella sua più alta espressione, quella trinitaria. Ce n’è per tutti e ne avanza anche per coloro che hanno pensato, sin dagli inizi della storia della Chiesa, e pensano tuttora di mettere in discussione la natura divina di Gesù. È pertanto una manifestazione a tutto tondo che celebriamo oggi e che ci garantisce nella forza della fede.

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