Non c’è verso: siamo vendicativi
Inserito il 13 Settembre 2020 alle ore 10:07 da Plinio BorghiNon c’è verso: siamo vendicativi. Se dovessimo metterci di buzzo buono ad analizzare tutti i nostri stati d’animo a fronte di qualche torto o di qualche sgarbo subito, ci accorgeremmo che un “sottofondo” di rivalsa è sempre presente; per alcuni solo un po’ “sotto”, per altri molto più in “fondo”, ma c’è. “Ah, ma io non farei del male nemmeno a una mosca!”, potrebbe dire più di qualcuno. Vero, ma spesso la reazione si gioca sul piano dell’astensione: si toglie il saluto, non si telefona più, si evita di incontrarsi, non ci si mette una pietra sopra o, se lo si fa, però non si dimentica, ecc. Nei casi più attivi si gioca qualche dispettuccio e in quelli più gravi si medita di rendere la pariglia. E queste non sono che il substrato di gesti più eclatanti, che poi stanno alla base dello sgarro da far pagare, dell’onore da rivendicare, magari per generazioni, financo delle guerre, sempre all’insegna che “ciò che mi ha fatto non lo scordo” o che “l’onta va lavata col sangue”. Quasi che un atto di remissione o di perdono siano propri delle persone deboli e senza nerbo. La riprova, se ce ne fosse bisogno, si ha nella litigiosità legale che da sempre intasa i tribunali. Eppure nella stragrande maggioranza dei casi basterebbe girare la frittata: ci piacerebbe che gli altri trattassero noi negli stessi termini, in presenza di pseudo offese analoghe? Ci piacerebbe ottenere un po’ d’indulgenza? Non saremmo pronti a stimare la persona che ci perdonasse o addirittura mettesse una pietra tombale sulle nostre malefatte? Ci avanzerebbe di giudicarlo un debole? La liturgia di oggi, guarda caso, è tutta incentrata sulla bellezza e sulla grandezza del perdono, ma scende anche in modo pesante su chi cova solo sentimenti di vendetta (prima lettura) o di rivalsa (vangelo). In fin dei conti siamo tutti fallaci e tutti abbiamo bisogno di essere perdonati, ma è da mentecatti pretendere che lo facciano gli altri o, peggio, lo faccia Dio che è tanto misericordioso, senza che noi ci sforziamo di muovere un solo dito. L’unica preghiera che Gesù ci ha insegnato è il Padre nostro, nella quale chiediamo di essere perdonati come noi ci impegniamo a fare col prossimo che ci è “debitore”. Se però zoppicassimo in questo secondo aspetto, il castigo divino è garantito. Oggi il nostro Maestro non ci da misure riduttive: perdonare settanta volte sette, cioè sempre, ed essere misericordiosi come lo è il Padre vostro. Difficile? Intanto bisogna provarci. Ogni tentativo di svicolare è solo specioso.