Il blog di Carpenedo

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La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

“Tuti i salmi finisse in gloria”

Inserito il 11 Ottobre 2020 alle ore 10:01 da Plinio Borghi

“Tuti i salmi finisse in gloria”, usiamo ripetere quando, alla conclusione di un percorso, di un’opera, di un avvenimento ci si ritrova attorno al tavolo a mangiare qualcosa assieme. Pare che i riti non siano completati senza un minimo di rinfresco, anzi, spesso è proprio il fatto che sia previsto a sollecitare maggior presenza. È normale: il desco è o dovrebbe essere un’occasione d’incontro privilegiata, a partire dalla famiglia, di una comunità i cui componenti sono altrimenti indaffarati per mille impegni e incombenze. Anche nel Vangelo ci sono tante occasioni in cui i protagonisti si ritrovano per mangiare assieme, al punto che i detrattori trovano il pretesto per far passare il Messia per un amante della buona tavola o per contestargli in quei frangenti la frequentazione di persone di dubbia moralità. Gesù non si scompone e ribatte: consapevole dell’attrattiva di trovarsi a tavola, ne approfitta per recuperare il rapporto con i lontani. Ancora di più. Fa passare l’immagine del Regno dei Cieli, in molte occasioni, con quella di un gran banchetto dove tutti sono invitati. Perfino nella cena d’addio dice agli apostoli che avrebbe bevuto per l’ultima volta quel vino “vecchio” e che si sarebbero ritrovati per bere quello “nuovo” una volta salito al Padre. Sono allegorie efficaci e pregne di significato, non c’è dubbio, come lo è quella descritta dalla pericope di oggi. Sullo sfondo un padrone facoltoso, le nozze di un figlio e, ovviamente, un pranzo di tutto rispetto. Chi non ambirebbe ad esservi invitato, se non per gusto, almeno per prestigio? E qui il Maestro ci spiazza come al solito: quelli che contano hanno altro cui pensare e snobbano l’invito con mille pretesti. Non cominciamo a dire “ma se ci fossi stato io al loro posto” perché ci siamo e, dicevo poc’anzi, siamo tutti invitati. E quanti invece eludono, pensano solo alle loro preoccupazioni e ai loro problemi, non percepiscono l’onore e poi gli avanza di meravigliarsi se sentono che le prostitute e i pubblicani li precederanno, come si diceva qualche domenica fa? Oggi, nei fatti, avviene proprio questo: gli ingrati verranno castigati e le porte si apriranno a vagabondi racimolati dai crocicchi delle strade. Ma occhio a non sottovalutare la gratuità: l’esempio dell’estromissione dell’unico che “non aveva la veste nuziale” vuol significare appunto la mancanza di consapevolezza del dono, il limite della magnanimità. Perciò Gesù dirà un’altra volta che tanti sono i chiamati, ma pochi gli eletti. È un monito a non prendere le cose sotto gamba.

Lettera aperta dell’11 ottobre 2020

Inserito il 7 Ottobre 2020 alle ore 16:17 da Redazione Carpinetum

Abbiamo inserito nel sito lettera aperta dell’11/10/2020. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.

Lettera aperta e altre informazioni sulla parrocchia possono essere consultate anche tramite il nostro bot Telegram ufficiale:
https://t.me/ParrocchiaDiCarpenedoBot

Ricordiamo che in coda al foglio vengono pubblicate le pagine dedicate alla parrocchia della Santissima Trinità di via Terraglio 74/C (Mestre – VE) guidata da mons. Fabio Longoni.

Il lupo di Gubbio

Inserito il 7 Ottobre 2020 alle ore 15:51 da Don Gianni Antoniazzi

Papa Francesco ha proposto una nuova enciclica dal titolo “Fratelli tutti”. Vi si legge anche una nuova proposta per guidare la realtà sociale, economica, politica e civile indossando lo sguardo del Vangelo

Alzi la mano chi ha approfondito l’enciclica “Laudato si’”, quella di papa Francesco sul creato. Già le persone “del settore” non si sono peritate più di tanto a leggerla, figuriamoci la gente poco abituata al linguaggio di fede

Così pure il nuovo documento “Fratelli tutti” rischia di rimanere carta morta, se nessuno la affronta. Nasce da una citazione di San Francesco, al quale nessuno era estraneo. Da uomo di pace, pur in un clima di crociate, visitò il Sultano d’Egitto (Malik-al-Kamil). Un’apertura straordinaria, visto l’ambiente culturale e i mezzi di trasporto a disposizione.

Qui però va ricordata un’altra esperienza condotta dal Santo d’Assisi a pochi passi da casa. Il Frate fu chiamato dalla gente di Gubbio a risolvere il problema delle razzie di un lupo feroce. Francesco, al posto di andare contro l’animale, scelse di parlargli con dolcezza. Lo chiamò “fratello lupo” e gli disse anche: “Io so perché fai questo, perché c’avevi fame”. Con carità creativa, e qui sta il colpo di genio, Francesco aiuta Gubbio ad “adottare” il lupo, così che l’animale, al posto di compiere grandi razzie, finisca i suoi giorni sfamato dalla città.

Questa è la vittoria sulla paura, questa è la pace possibile. È la capacità di andare oltre il linguaggio dei valori. È la voglia di scovare soluzioni sostenibili. Grande Francesco. L’enciclica respira questo stile: merita di essere conosciuta.

don Gianni

L’enciclica “Fratelli tutti”

Inserito il 4 Ottobre 2020 alle ore 10:02 da Plinio Borghi

L’enciclica “Fratelli tutti”, che il Papa ha deciso di firmare ad Assisi e proprio in occasione della festa di San Francesco, del quale, primo nella storia, ha assunto il nome, è un puntello per mantenere la barra a dritta nelle varie fasi di questa pandemia, un “bignami” di norme comportamentali per non farci depistare dal Covid-19. La coincidenza è stata voluta perché il Santo ha rappresentato e rappresenta l’essenza della fratellanza, che pretende di mettere al primo posto, prima che sé stessi, l’attenzione per il prossimo. Questo vale sempre, ma soprattutto in questo momento in cui sia l’osservanza delle norme, da una parte, sia la condivisione dei risultati delle ricerche, dall’altra, tendono ad attuarsi con una grettezza mai prima così evidente. Il Pontefice lo ha ribadito anche nei suoi interventi: agire per la salvaguardia della propria salute, ma in primis per il rispetto di quella altrui; collaborare per consentire ai Paesi che hanno mezzi inferiori o insufficienti di muoversi in sintonia. In buona sostanza, o se ne esce tutti assieme e migliorati da tali esperienze o l’individualismo e l’egoismo prima o dopo si pagano. Lo stesso discorso che vale per la salvaguardia della natura, altro argomento che preme al Santo Padre e sul quale, guarda caso, anche San Francesco si è speso totalmente. Traslando il significato della liturgia di oggi, e questa è proprio una vera coincidenza, il mondo, e di conseguenza la natura, è proprio la vigna che il Signore ci ha affidato affinché la migliorassimo e desse quei frutti a lui graditi e non “acini acerbi” (I lettura), men che meno che ne facessimo scempio. I messaggi che ci arrivano da tutte le parti ci stanno mettendo in guardia da un atteggiamento del tipo “io penso all’oggi e per quello che sarà domani ci penserà chi viene dopo”, perché faremo la fine di quei servi infingardi e non occorrerà nemmeno che sia il Padrone a ucciderli tutti: lo faranno molto bene da soli. I segnali ci sono già e inquietanti: ghiacciai che si ritirano in modo esponenziale, fenomeni meteorologici mai riscontrati prima (v/ il Vaia), semplici temporali che si trasformano in bombe d’acqua e così via. Anche prendersi cura di questo aspetto, già peraltro sollecitato dalla “Laudato si’” uscita in tempi non ancora così pregnanti, è un segno di fratellanza, che dev’essere per forza universale: i confini politici e geografici che ci siamo segnati ai fenomeni interessano ben poco e il recente Virus ce l’ha dimostrato.

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