Il blog di Carpenedo

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La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

“Serve chi serve, chi non serve non serve”

Inserito il 19 Settembre 2021 alle ore 10:01 da Plinio Borghi

“Serve chi serve, chi non serve non serve” è la massima coniata dal compianto don Franco De Pieri, mancato nel 2015 e che nell’ultimo anno della sua vita ha tenuto parecchi incontri anche nella nostra parrocchia. Penso che l’abbia attinta dall’odierno brano del Vangelo, dove Gesù raccomanda: “Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti”. Non è la prima occasione in cui il richiamo che gli ultimi saranno i primi e viceversa risuona fra le labbra del Maestro, ma stavolta “definisce” come si è ultimi e come si arriva ad essere primi: servendo. Ne consegue che se uno non assume questo ruolo nei confronti degli altri, non conta niente, non serve a nulla. È il primo passo verso la carità vera, così ben definita da San Paolo nelle sue lettere. Sarà poi Gesù stesso di lì a poco a fornire un esempio simbolico, quando s’inginocchierà a lavare i piedi agli apostoli prima dell’ultima cena. Pietro, in quella circostanza, accenna a rifiutare cotanta umiliazione e si beccherà ancora un avvertimento: se non ti lascerai lavare i piedi, non avrai parte con me. L’insegnamento è diretto anche a chi deve lasciarsi servire. Oggi la faccenda è ancor più delicata, perché cade a ridosso di una debolezza che il Messia ha colto fra i suoi: la discussione fra chi fosse il più importante fra loro. Non è per niente una questioncella di lana caprina, anzi, è l’incipit di una delle devianze più consistenti dei nostri comportamenti, che innesca la gelosia, l’invidia, l’arrivismo, la contrapposizione e quant’altro, insomma la negazione delle norme più elementari per esercitare la carità stessa. Il tutto parte dalla sopravvalutazione di noi stessi, che non siamo per niente portati, nel confrontarci con gli altri, a sentirci un tantino inferiori. Se poi siamo costretti a prenderne atto, apriti cielo: non esiste sana concorrenza, ma solo boicottamento e aggressività. Qui siamo alla negazione anche di quel pizzico di umiltà, che dovrebbe essere il segno distintivo dei cristiani, cioè dei seguaci di Cristo. Se poi veniamo ripresi, neghiamo anche l’evidenza; geloso io?, ma quando mai!; invidioso io?, ma che dici, io non ho nulla da invidiare a nessuno! E questa frase diventa la prova del nove della nostra fallacità. Diamoci una ridimensionata, partendo dal principio che dagli altri abbiamo sempre qualcosa da imparare. A metro di paragone Gesù chiama ancora una volta un bambino: dobbiamo diventare plasmabili come lui, se vogliamo servire alla causa.

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