Il blog di Carpenedo

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La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

Nascere ciechi o diventarlo

Inserito il 24 Ottobre 2021 alle ore 10:04 da Plinio Borghi

Nascere ciechi o diventarlo: qual è lo stato peggiore? Ce lo saremo chiesti chissà quante volte vedendo qualcuno colpito da tale disgrazia. In entrambi i casi abbiamo un elemento che lenisce la situazione: i ciechi nati non possono sapere del tutto cosa non è stato concesso loro; chi lo è diventato dopo lo sa, ma almeno ha modo di avere un ricordo positivo, una conoscenza che rimarrà viva dentro di sé. È sufficiente per dare un appiglio alla sopportazione, piuttosto che niente? Non serve la risposta: è così e tanto basta a tenerne conto. Poi sarà compito di ciascuno, in base al carattere e agli interessi che si creerà nella vita, fruirne. Io, da “profano”, ho sempre pensato che a stare peggio sia la seconda categoria, specie se ci sono state delle circostanze causali favorite da un comportamento non corretto, per cui al danno si aggiunge anche la quota di rimorso per non aver potuto o saputo evitare il nefasto epilogo. Fin qui avremmo discorso di lana caprina, se non fosse che, sul piano religioso, quello della cecità diventa un preciso riferimento sulla questione della fede, il cui occhio pure ci apre a un mondo di verità e di prospettive altamente appagante. Anche qui esiste chi non ha mai avuto questo dono e quindi non può essere consapevole di ciò che gli è stato negato, anche se, purché vedesse quanto gli altri la tengono da conto e ne godono, avrebbe la percezione di qualcosa di molto prezioso. E c’è chi invece l’ha trascurata, non l’ha sufficientemente alimentata, l’ha fatta assopire fino a non riuscire più a vedere con quell’occhio speciale. Questi non solo ha danneggiato sé stesso, ma offre il brutto esempio anche ai primi, che soltanto attraverso lui avrebbero la possibilità di sentirne il profumo e di sognare. Ebbene, se costui avesse la possibilità di incontrare Gesù, come il Bartimeo del vangelo di oggi, cosa pensate che gli chiederebbe? “Maestro, fa che io veda di nuovo!” Nemmeno il figlio di Timeo (è raro che l’evangelista sia così anagraficamente dettagliato) era cieco dalla nascita e nell’impatto col Nazareno si rende conto di quanto aveva perso, per cui altro non gli poteva chiedere e, ottenuta la grazia, non c’è di che meravigliarsi se ha preso subito la decisione di seguirlo. Allora stiamo attenti: uno dei fattori che portano la cecità della fede è proprio l’indifferenza, la stessa che non ci consente di cogliere l’occasione del Signore che passa per farci rivivere l’entusiasmo di servirlo. E finire col morire da ciechi è proprio la peggior iattura!

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