Il blog di Carpenedo

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La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

Perché meravigliarsi se è normale?

Inserito il 10 Luglio 2022 alle ore 10:07 da Plinio Borghi

Perché meravigliarsi se è normale? Quante volte ci viene posta all’attenzione la questione dell’amore per il prossimo! Naturalmente quella sollevata dal vangelo di oggi è la più classica e la più nota, il brano rifugio cui si ricorre per mettere in evidenza quello che è già lapalissiano: l’intensità del sentimento tende a essere inversamente proporzionale alla vicinanza dell’oggetto da amare. Se così non fosse, occorrerebbe insistere tanto sull’argomento? Perché porre bene in rilievo che la vittima dei briganti è stata scansata dal sacerdote e dal levita, mentre solo il samaritano, più estraneo degli altri due, se n’è preso cura? Perché è così da sempre, perché anche noi abbiamo tanto a cuore le sorti di tutti coloro che soffrono in giro per il mondo, siamo pronti anche ad adottarli se serve … a distanza, ma se poi si imbarcano per invadere le nostre coste cominciamo a mettere le mani davanti, o se ad avere disagi è il vicino di casa, lo stesso che magari ci sbatte le briciole della tovaglia sul davanzale, manco ce ne accorgiamo o giriamo volutamente la testa dall’altra parte. Non parliamo del collega che sgomita per fregarci il posto o del concorrente che fa carte false per sottrarci l’affare. Se poi analizziamo il rapporto con i parenti più stretti, specie se c’è di mezzo qualche residuo d’eredità da spartire, è meglio calare un velo pietoso sulle miriadi di incomprensioni e di rotture tragiche in atto. I risvolti anche sociali di questa impostazione sono stati ben sviscerati da papa Francesco sulla sua enciclica “Fratelli tutti”, che ha messo proprio la parabola di oggi come filo conduttore alla base delle sue considerazioni. Perché tanto impegno? Perché ne abbiamo di atteggiamenti, anche atavici, da rimuovere se vogliamo ottemperare all’invito che Gesù in chiusura rivolge al suo interlocutore: “Va’ e anche tu fa’ lo stesso”. Perché abbiamo poco da lavarci la bocca con solleciti alla pace nel mondo, se poi vogliamo un bene da matti solo ai “samaritani” che sono a casa loro e sono anni che teniamo il broncio col fratello. Se crediamo che ci sia un barlume di speranza di pace, dobbiamo cominciare a coltivarla a partire da noi stessi, da chi ci sta attorno e allargare progressivamente il cerchio. Così facendo ne avremo in abbondanza anche per i lontani e l’azione sarà più efficace, in quanto saremo più credibili. Agendo al contrario, contravveniamo in partenza all’unico comandamento: ama il prossimo tuo come te stesso. E allora il resto non serve ad alcunché.

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