Il blog di Carpenedo

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La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

L’eterno dilemma dell’ospitalità

Inserito il 17 Luglio 2022 alle ore 10:03 da Plinio Borghi

L’eterno dilemma dell’ospitalità sta proprio nelle due ipotesi: è meglio cercare di soddisfare l’ospite con la nostra abilità culinaria oppure facendolo sentire a suo agio come fosse in famiglia e gradito, a prescindere da ogni tentativo di sorprenderlo con “effetti speciali”? È chiaro che la scelta sta nelle premesse dell’invito e del tipo di rapporto che esiste con il protagonista, non solo, ma anche nella nostra migliore tendenza: quella di abili intrattenitori e affabulatori, piuttosto che di provetti trasformatori d’ingredienti naturali. Le distinzioni e le alternative potrebbero proseguire all’infinito, a seconda delle diverse esperienze personali, ma io penso che in realtà la questione sia speciosa: ci vogliono entrambi gli atteggiamenti per far luogo ad un’ospitalità completa, senza tentativi maldestri di voler essere più di quello che siamo né superficialità nel disattendere le eventuali aspettative degli interlocutori. La liturgia di oggi ci offre uno spaccato interessante in merito. In prima lettura Abramo si dimostra d’una premura e di un’efficienza superlative nel voler soddisfare i tre ospiti che lo attendevano alle Querce di Mamre: pensa a rifocillarli a dovere, ma sa pure chi si nasconde dietro a quella triplice presenza e la sua deferenza è palpabile. Nel vangelo invece le protagoniste sono le sorelle Marta e Maria, che sembrano riproporre il dilemma di cui in premessa, ma che nella realtà si completano a vicenda, se non fosse che in questo caso è l’Ospite ad essere speciale, un Maestro dal quale pendere dalle labbra. Gesù, nell’affermare che Maria ha scelto la parte migliore, non voleva certamente svilire il ruolo utile di Marta, tutta indaffarata come Abramo nel predisporre la migliore accoglienza, segno che anche da parte sua c’è consapevolezza dell’autorevolezza dell’interlocutore. La mission del quale non è tanto dedicarsi al desco come ospite d’onore, anche, quanto di realizzare il progetto di salvezza, incardinato nell’ascolto e nella messa in pratica della sua parola. I tre di Mamre si congedano predicendo ad Abramo la nascita di un figlio da Sara; il nostro Redentore, che oggi peraltro a Venezia festeggiamo, più da Marta che da Maria a dire il vero, ci ha fatto rinascere come figli del Padre ed è andato a prepararci il posto per il banchetto senza fine. In entrambi si preannuncia un ritorno “verificatore”. A noi il compito di dar seguito a ogni prospettiva, annunziandolo al mondo e istruendo ogni uomo con ogni sapienza, come dice S. Paolo nella II lettura.

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