Siamo tutti esaltati?
Inserito il 28 Agosto 2022 alle ore 09:57 da Plinio BorghiSiamo tutti esaltati? Beh, la domanda in realtà è abbastanza retorica. Non dico che il livello sia quello dei numerosi tuttologi che imperversano con la loro prosopopea, ma non possiamo nemmeno affermare che la maggior parte di noi sia emblema di modestia o quanto meno espressione consapevole dei propri limiti. Non c’è bisogno di effettuare complesse ricerche comparate per dimostrarlo: basta guardarsi attorno, dalla discussione in osteria al talk show più prestigioso, dal giudizio che diamo su noi stessi a quello che confezioniamo per gli altri, anche sulle cose più banali, e abbiamo raccolto prove a sufficienza. Qui non si tratta di soffocare quel minimo di autostima che serve a esprimere al meglio la nostra potenzialità, ma di non cedere alla tentazione della sopravvalutazione. Anche a scanso di brutte sorprese, ci avverte il vangelo di oggi. In realtà, a forza di abituarci a tenere l’assicella più alta del necessario, corriamo il rischio di farci l’abitudine fino a convincerci che le cose stiano sul serio così e a rapportarci col Padre, che ci conosce fin troppo bene, nello stesso modo. Abbiamo visto in parecchie circostanze come, in controtendenza col nostro modo di vedere, Dio non gradisca l’immodestia e la millanteria, sono cose che lo infastidiscono. Anche l’incipit della prima lettura di oggi, dal Siracide, è su questa lunghezza d’onda: “Figlio, compi le tue opere con mitezza, e sarai amato più di un uomo generoso”. Notare che il riconoscimento arriva in via generale, sia da Dio che dagli uomini, sì, perché in definitiva anche sul piano umano a lungo andare si arriva ad apprezzare di più il modo con cui si dà, rispetto al quanto: è il rifiuto della carità pelosa. E a tal proposito la pericope in lettura non si limita alla lezione comportamentale, per non incappare nel consueto refrain che i primi saranno gli ultimi e viceversa, ma va oltre e invita a non fare qualcosa per i più intimi, dove ci scappa la riserva mentale di attendersi in qualche modo il contraccambio, bensì a rivolgere la propria attenzione a chi ne ha più bisogno, agli emarginati e ai diseredati, dai quali non ti passerà mai per la mente di aspettarti una reciprocità. Allora il tuo dare sarà più genuino e sicuramente più meritevole. Non è facile tradurre in pratica un simile invito, ma almeno acquisiamone lo spirito, cominciando ad agire sull’onda del sentimento a prescindere. Un buon allenamento: continuare a telefonare all’amico anche se quello non ti chiama mai.