Le cicale andranno in Paradiso?
Inserito il 25 Settembre 2022 alle ore 10:09 da Plinio BorghiLe cicale andranno in Paradiso? Bella domanda. Teoricamente sì, anche se con molta difficoltà, verrebbe da pensare di primo acchito. Nell’immaginario collettivo e date tutte le similitudini contenute negli aneddoti e nelle varie fiabe, viene digerita molto meglio la formica, così lavoratrice, previdente e parsimoniosa, ma anche sul tirchietto, stanti ad Esopo. In effetti, nemmeno l’atteggiamento di quest’ultima è molto in sintonia con il Vangelo, non fosse altro che per tre motivi. Primo: ha fatto dell’accumulo di risorse la propria finalità di vita, ignorandone altri e parimenti utili risvolti; secondo: si erge a giudice dell’operato altrui e condanna di conseguenza; terzo: rifiuta quel minimo di solidarietà che la potrebbe affrancare dalla sua grettezza. C’è un particolare che sfugge a una troppo veloce lettura della favola: ognuna delle due protagoniste risponde alla propensione naturale che le è propria, per cui nessuna poteva agire diversamente. Anche la cicala, allora, ha fatto la sua parte, cantando senza alcun tornaconto, ma solo per la soddisfazione di chi ascoltava, ruolo che le è attribuito. In ciò sono più d’accordo con l’interpretazione che ne dà Gianni Rodari. La liturgia di oggi presta un po’ il destro alle figure in argomento, sebbene, trattandosi di persone, è più difficile appellarsi alle propensioni naturali. Infatti, gli “spensierati di Sion” descritti dalla prima lettura finiranno in testa ai deportati. E il ricco epulone del vangelo, chiaramente cicala, non ha certo giustificazione per la sua condotta dissoluta e si guadagnerà una bella nicchia all’Inferno, senza fermate intermedie. Del povero Lazzaro non si può dire che sia stato una formica, né avrebbe potuto esserlo, ma la sua pena gli è servita ad accumulare ben più di una riserva per una sopravvivenza stagionale: addirittura per l’eternità. Ora, poteva egli muoversi a pietà per la sorte del ricco e alleviargli un po’ di sofferenza? Non spetta a lui decidere, ma è Abramo stesso che interloquisce. Chissà, forse lui l’avrebbe anche fatto. Comunque emerge un dato dal dialogo che s’instaura: pure il ricco poteva fare una fine diversa, se avesse ascoltato Mosè e i profeti e cioè se avesse usato la sua ricchezza con un occhio di riguardo per chi non era come lui. In buona sostanza, anche noi siamo “dotati” di tutte le risorse e le prerogative per godere di ogni aspetto della vita, basta saperle investire bene, come si considerava domenica scorsa. Sì, allora sotto questo profilo, per le cicale le porte del Paradiso sono aperte