Il blog di Carpenedo

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La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

Il sacrario dell’uomo è il cuore

Inserito il 13 Novembre 2022 alle ore 10:00 da Plinio Borghi

Il sacrario dell’uomo è il cuore: così l’ha definito il Concilio Vaticano II. Il motivo è semplice: se vogliamo cercare Dio lo troviamo dentro di noi; se vogliamo seguirne la Parola, è il cuore fatto coscienza che ci guida e se vogliamo difenderci dai falsi profeti è sempre il coraggio del cuore che ci anima. Oggi la liturgia è tutta rivolta alle verità che si riveleranno dopo il passaggio da questa vita terrena e che, guarda caso, sono le più attaccate dai detrattori di ogni estrazione, da chi nega ogni continuità a chi te la svilisce o te la vuol vendere alterata nel suo significato più genuino. Non a caso Gesù ci mette in guardia nel vangelo proprio da questi ultimi: molti si presenteranno a nome suo e pretenderanno di conoscere quando e come si evolveranno i tempi, illustrando segni veritieri e incutendo timori che, per la nostra fede, sono inconsistenti. Egli stesso si perita di indicare alcuni dei segni che precederanno l’epilogo finale, ma si premura di chiarire che nessuno avrà caratteristiche risolutive: tante cose dovranno succedere prima della fine del mondo, incluse angherie e persecuzioni verso chi opera e agisce nel suo nome, ma nessuna di queste sarà preludio di una fine che solo il Padre sa quando avverrà. Per questo non dovremo preoccuparci a “preparare la nostra difesa”: “Io vi darò lingua e sapienza, a cui tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere”.
Una sola cosa ci è richiesta perché tutto si svolga nella sicurezza più ampia: la perseveranza. Ogni eventuale titubanza o incertezza non farà che minare alla base l’epilogo che la fede ci prospetta. Non a caso una delle preghiere che rivolgiamo al Padre con più insistenza è proprio quella di gratificarci con la Sua santa benedizione e la perseveranza finale. Infatti la pericope in esame si conclude con queste parole del Maestro: “Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà. Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime”. Attenzione, però, che la perseveranza non è sinonimo di resistenza e men che meno di resistenza passiva. È fatta d’esempio e di impegno, ci avverte san Paolo oggi, di sforzo continuo e di attenzione, per meritarci quel cibo al quale aneliamo. Bella la regola che detta: chi non vuol lavorare neppure mangi. Quindi equipara l’esercizio della testimonianza, accompagnato dalle opere di carità, ad un vero e proprio lavoro che ci plasma come seguaci di Cristo. Al solito, il principio potrebbe benissimo valere pure per tutte le altre espressioni della nostra vita.

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