Il blog di Carpenedo

Il blog di Carpenedo
La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

Con Cristo sepolti nel battesimo, con Lui siamo risorti

Inserito il 25 Luglio 2010 alle ore 08:00 da Don Danilo Barlese

’appartenenza a Cristo dal quale proviene ogni dono divino è stata fissata nel Battesimo. (Col 2,12-14, seconda lettura)
Occorre che i cristiani si ricordino cosa significa il Battesimo per la loro propria vita.

A San Paolo preme sottolineare la novità di vita che ne risulta. I battezzati sono stati da Dio trasformati nel loro essere profondo. Da una situazione di peccato, di lontananza da Dio e quindi di morte, noi, nel Battesimo, siamo passati sotto la signoria di Cristo.
Il Battesimo ci inserisce nell’evento pasquale della morte-risurrezione di Gesù, in quell’evento che costituisce la grande svolta nella storia dell’umanità.

Nella sua morte in croce, Gesù ha vissuto con noi e a nostro favore la separazione da Dio che caratterizza la condizione umana di peccato. Ma egli ha vissuto questa totale solidarietà con la nostra condizione di lontananza da Dio nella massima obbedienza filiale, in totale apertura all’azione del Padre che lo risuscita. La nostra vera morte avviene nel Battesimo: siamo con-morti, con-sepolti con Cristo. Questa partecipazione alla morte del Signore avvenuta nel Battesimo viene attuata lungo la nostra esistenza nella «fede che agisce mediante l’amore» (Gal 5, 6), e la morte fisica non è che l’ultimo “Sì” a quanto è già fondamentalmente avvenuto nel Battesimo.

“Nella fede che agisce mediante l’amore”, già è all’opera lo Spirito Santo, lo Spirito del Risorto.
San Paolo insiste e mette in luce, con altri temi, il passaggio avvenuto per ognuno nel Battesimo. Nel passato eravamo morti, come il figlio prodigo, lontano dalla casa del padre. Attori in un mondo dominato dal male, dalle strutture di peccato, per il rifiuto di rinunciare al proprio egocentrismo, eravamo già morti ben prima di ricevere il battesimo. Essere sepolti con Cristo significa allora essere “morti alla morte” che è lontananza da Dio, morire ad una esistenza di vita del tutto sbagliata, che non poteva non condurre al fallimento definitivo.

Ma ciò che conta è che Dio ha perdonato, ha quindi, per propria iniziativa, tolto la separazione con Lui. La vita nuova ricevuta da Dio al battesimo e nella fede si caratterizza come un vivere-con-Cristo: solo nella comunione con Gesù risorto l’uomo si trova realizzato, perché riceve quella forza capace di superare l’egocentrismo fondamentale, riceve l’amore, che è la vita stessa delle Persone divine, creatrice di comunione.

Il v. 14 lo esprime con l’immagine del certificato di debito: “Cristo ha tolto di mezzo il documento scritto contro di noi che, con le prescrizioni, ci era contrario. Lo ha inchiodato alla croce

L’uomo è in debito nei confronti di Dio, si trova con Lui in un rapporto fallimentare. In rigore di giustizia, non c’è per il peccatore altra possibilità che presentare a Dio questo documento dove è segnata, con l’elenco delle nostre trasgressioni, la nostra propria condanna. Ma Dio ha messo una croce sopra questo documento, lo ha annullato «inchiodandolo alla croce», come un contabile attacca al chiodo una fattura pagata.

Nella morte in croce di Gesù, il Padre ha tolto, gratuitamente per puro amore, l’ostacolo che allontanava l’umanità dalla Sua presenza. Con la venuta di Gesù, l’umanità vive sotto il Perdono definitivo di Dio che diventa efficace in ognuno nella misura in cui anche noi rimettiamo i debiti a coloro che sono in debito con noi. L’attenzione si porta dunque in finale su Gesù risorto, la risposta che la fede dà ai problemi esistenziali dell’uomo. Non c’è bisogno di oroscopi e altre potenze! «Essere con Lui» ci rimanda anche al suo Corpo che è la Chiesa, e quindi alla vita d’unità della comunità, spazio dove viene fin d’ora vissuta la comunione piena con il Padre.

Don Danilo

Un cantiere per il Redentore

Inserito il 19 Luglio 2010 alle ore 17:48 da Don Danilo Barlese

è iniziata l’avventura del restauro della volta della nostra chiesa. In pochi giorni i tubi innocenti hanno raggiunto “le stelle”. Il nostro Crocifisso circondato dalle impalcature è un rinnovato invito a fare della nostra comunità parrocchiale un appassionato “cantiere” per edificare continuamente al Signore una “casa” capace di raccontarlo, di incontrarlo, di farlo toccare con mano. Una “casa” che quanto più ha buone fondamenta, tanto più è pronta ad andare verso tutti, fino agli estremi confini.

Buon lavoro agli operai e alle maestranze!

Continuiamo a sostenere anche con le nostre piccole ma preziose offerte questo restauro, simbolo di un dono molto più grande: Dio con noi.

Don Danilo

Cristo, Creatore e Salvatore dell’universo

Inserito il 11 Luglio 2010 alle ore 08:00 da webmaster

Per reagire contro superstizioni, magie, oroscopi, chiromanti e religiosità pagana e deviata, San Paolo inserisce nella lettera ai Colossesi un inno cristiano: va affermata l’assoluta signoria del Figlio di Dio sia nella creazione che nell’opera di salvezza. E’ sempre grande, anche oggi, la tentazione di sottomettersi a “potenze cosmiche” che avrebbero in mano il destino di ognuno cercando di averle dalla nostra parte. Anche il Dio di Gesù Cristo rischia di essere trattato così.
Invece Paolo proclama la preesistenza e la superiorità di Cristo su tutto il creato, inclusa la schiera delle potenze cosmiche che, benché invisibili, non possono competere con Cristo ed essere le sue rivali. “In lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra”. L’inno mette Cristo in relazione con la creazione per annunciare che creazione e salvezza sono frutto di un unico e medesimo amore divino, e che l’opera di salvezza di Gesù, compiutasi nella sua morte-risurrezione, riguarda tutto il creato.
L’inno, inoltre, parla di Cristo nel suo rapporto con l’universo degli uomini. Agli occhi della fede, egli è l’unica risposta possibile alle inquietudini dell’uomo che si sente minacciato dal male e dalla morte e non comprende più il proprio posto nel mondo.
Dietro la molteplice ricchezza del creato, c’è la presenza nascosta della “Parola” da dove tutto proviene e nel quale tutto trova coesione e senso. La comunione del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, sorgente di ogni cosa, crea l’armonia, la relazione, la bellezza, la coesione, dà valore e senso al singolo nella sua relazione al tutto, e lega tutte le realtà in rapporto d’amore fra di loro. Cristo è per il credente il centro di riconciliazione, il principio di attrazione dei valori emersi nella storia e nelle varie culture che trovano in lui la loro finalità. Cristo è la risposta cristiana alla ricerca del principio che governa il mondo, lo mantiene nell’unità, impedendo che ritorni nel caos.
Il Figlio è anche il futuro del mondo, il suo compimento. L’inno non vuole predire il futuro storico dell’universo e dell’umanità, ma affermare che, qualsiasi cosa avvenga, il mondo è posto sotto il disegno amante del Padre che ha già realizzato l’atto del compimento definitivo, risuscitando Gesù.
Non dimentichiamo: il Figlio di Dio si è incarnato in Gesù, il Crocifisso Risorto.
La risurrezione di Gesù è l’atto inaugurale della «nuova creazione».
In quanto Risorto, Gesù è posto nel cuore della creazione e dell’umanità passata, presente e futura. Il Risorto è il centro d’unità verso cui converge la storia.
“Ed egli è il capo del corpo, cioè della Chiesa”. Dopo aver affermato fortemente il primato di Cristo nella creazione, l’inno afferma con altrettanta forza la sua priorità nell’opera di salvezza. Il Figlio è Capo della Chiesa, che è il suo Corpo. Ecco cosa significa appartenere alla comunità cristiana: essere la presenza di Cristo risorto nel mondo. La Chiesa, e in essa ogni battezzato/a, riconosce Cristo come unico Signore e Salvatore e viene chiamata alla sua stessa Missione come ci ricorda il Vangelo di oggi: prendersi cura di ogni uomo per rivelare l’Amore del Padre.

Don Danilo

A me non capiti di vantarmi se non nella croce del Signore Gesù

Inserito il 4 Luglio 2010 alle ore 08:00 da Don Danilo Barlese

Per San Paolo l’unico vanto possibile è la Croce. Ogni altro vanto è vanagloria. La Croce è la gloria stessa di Dio, vertice del suo Amore. Amore totale che sconfiggerà la morte e si manifesterà nella Risurrezione.
La croce “gloriosa” è il «criterio» della vita cristiana, pace per chi l’accoglie, e misericordia per gli altri. Paolo vive nella sua carne questo “criterio”, come testimoniano i segni delle sue sofferenze apostoliche. Gesù, il Crocifisso Risorto, e la sua Grazia costruiscono l’uomo nuovo, la vita cristiana.
La conclusione della lettera ai Galati torna a ricordare che ci sono “coloro che vogliono far bella figura nella carne”. Paolo definisce così gli avversari del Vangelo: gente in cerca del proprio io, che vuol far bella figura. L’umiltà è il versante soggettivo della verità. Chi non è umile, piega la verità e la usa a proprio vantaggio.
Chi cerca “discepoli di se stesso”, tradisce sempre la verità. Anche se dice il vero, compie la massima falsità: si erge a maestro, ponendo al centro il proprio io invece di Dio.
Vanagloria, coercizione, paura, incoerenza e ricerca di successo: questi sentimenti sono la radice di ogni divisione e settarismo, e, ancor peggio, portano a tradire la verità dell’evangelo e a svendere la libertà dei figli.
Ci possono essere comunità piccole e non settarie – come Paolo voleva dai suoi cristiani – e comunità grandi e pur settarie, se sono centrate su di sé. Non è il numero, ma la mentalità che distingue tra comunità ecclesiale e setta.
L’essere in Cristo ci fa uomini nuovi, figli di Dio, che vivono del suo Spirito. È il compimento della profezia di Isaia: «Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?».
Questa “cosa nuova” è il “cuore nuovo”, capace di amare come è amato (come io ho amato voi) e di compiere il comandamento, insieme nuovo e antico: amerai il Signore Dio tuo con tutte le tue forze e il prossimo come te stesso.
La croce gloriosa è “criterio di verità”: rivela chi è Dio e chi siamo noi. In essa si compie la legge: è portato tutto il peso della debolezza del mondo. La norma della croce è la libertà di amare e servire senza condizione, vero volto di Dio e dell’uomo.
L’agire e il pensare cristiano si misura sempre sulle coordinate della croce, in un costante “incontro-scontro”. La croce, congiunzione perfetta tra cielo e terra, tra oriente e occidente, unisce tutti gli uomini, sollevandoli in un unico abbraccio verso Dio.
Il «criterio» della croce distrugge in sé ogni inimicizia e riconcilia gli uomini tra di loro e con Dio in un solo corpo, in un solo uomo nuovo.
San Paolo infine è dispiaciuto non del proprio male, bensì del male che si fa chi gli fa del male. Anche per questo Paolo porta nel suo corpo le stesse ferite (stigmate) del Crocifisso che annuncia. Le sue ferite nella carne testimoniano la sua appartenenza a Cristo.

Don Danilo

SIAMO STATI CHIAMATI A LIBERTà

Inserito il 27 Giugno 2010 alle ore 08:00 da Don Danilo Barlese

“Siamo stati chiamati a Libertà”. La vita cristiana è vocazione alla libertà. La nostra libertà è per Dio la meta della sua azione per noi. Per noi è il principio di ogni nostro agire, fondamento nuovo dell’etica, in sostituzione alla legge. Ma di che libertà si tratta? Libertà da che cosa? Libertà per che cosa?
Per gli antichi, e non solo per loro, libero è colui che sa, vuole e può. È l’uomo ideale, ideale di ogni uomo, che ha a sua disposizione un effettivo sapere e potere. Secondo le propensioni di ciascuno, la libertà in concreto può consistere nelle cose più opposte: nel “fare ciò che piace” oppure nel “fare ciò che si deve” o nella mistura più o meno saggia di ambedue, in un arbitrio a discrezione personale.
Per il cristiano la libertà è liberazione dal peccato e dall’egoismo per poter amare l’altro. Non viene da un mutamento esterno o interno, strutturale o personale, per cui uno dispone di più capacità.
Viene dalla contemplazione del Crocifisso, dove conosco la verità che mi fa libero (Gv 8, 32). In lui vedo la mia verità di uomo, il mio male e il bene che Dio mi vuole, e insieme contemplo la verità di Dio, amore senza condizioni per me, suo figlio. Dalla croce so chi sono io e chi è lui per me, e finalmente sono libero dalla menzogna antica che mi tiene schiavo della paura e dell’egoismo. Se non arrivo a sperimentare questo amore incondizionato, sono schiavo del bisogno insoddisfatto di esso. Dopo sono libero di accettarmi e amarmi, accettando e amando come e perché sono accettato e amato. La libertà ci rende simili a Dio, suoi figli. La verità di Dio, rivelata in Cristo, è l’amore che si fa servo. Per questo la nostra libertà è quella di amare e servire, instaurando “relazioni” liberanti.
Al centro della libertà cristiana non c’è una riflessione teorica, ma una persona concreta: “Gesù il Signore” che si è fatto servo (Fil 2, 5-11). Piena espressione della sua coscienza divina è lavare i piedi (Gv 13, 1-17). La definizione che dà di sé è: «colui che serve» (Lc 22, 27; Mc 10, 45).
Per noi la libertà non è quella del prepotente che domina l’altro, né quella del moralista che domina se stesso, ambedue centrati sul proprio io inteso come piacere o come dovere. È invece la libertà di chi serve l’altro fino al dono di sé, libertà dal “farsi servire” per servire, libertà dall’io per l’altro, libertà dall’egoismo per amare.
Questa e non un’altra diventa legge suprema. Ma non è esterna ed oppressiva, incapace di dare la vita, come la legge. È una spinta interiore di amore, che produce spontaneamente un nuovo modo di vivere.
La chiamata alla libertà va vissuta quindi non come pretesto all’egoismo, ma come amore nel servizio reciproco. Questa è tutta la volontà di Dio su di noi (v. 14). Attenti quindi a non cadere nel cattivo uso della libertà.

Don Danilo

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