Il blog di Carpenedo

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La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

Se un adulto smarrisce il suo ruolo

Inserito il 9 Febbraio 2014 alle ore 08:00 da Don Gianni Antoniazzi

Pur con l’età qualcuno non matura. Resta incompiuto, eterno adolescente, bisognoso di approvazione e consensi. Dio però ci ha dato uno spirito da uomini responsabili.

L’immagine di copertina (pubblicata su lettera aperta del 9 febbraio 2014, NdR) può suscitare molteplici riflessioni, anche positive. Ne indico una.
Qualcuno non riesce a diventare adulto e sereno: resta adolescente, gioca con la vita, non realizza scelte stabili.

C’è chi ha bisogno di continui consensi: col linguaggio e col comportamento fa di tutto per ottenerli. Siano essi genitori o insegnanti, educatori o sacerdoti, ci sono adulti tanto insicuri da attribuire la massima importanza all’opinione di coloro che dovrebbero educare: non corrono mai da soli il rischio di rimanere stabili sulle proprie opinioni.

Una persona merita onore quando è fedele a se stessa. La ricerca esasperata del riconoscimento ci rende ambigui, dal volto doppio, sterili nei nostri interventi. Una domanda: perché lavoriamo? Per compiacere? Per essere applauditi o per essere autentici davanti a noi stessi e agli altri? Severo il monito di Gesù: “come potete credere voi che cercare gloria gli uni dagli altri?”. Un cammino costante dà senso alla vita, un giullare riscuote invece l’applauso passeggero quanto un fuoco d’artificio, che lascia la notte più buia di prima.

don Gianni

Lettera aperta del 9 febbraio 2014

Inserito il 6 Febbraio 2014 alle ore 00:10 da Redazione Carpinetum

Pubblicata anche online lettera aperta del 9/2/2014. Come sempre aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.

Ricordiamo che il fondo del parroco e le meditazioni vengono pubblicate la domenica, coerentemente con il giorno al quale sono dedicate e cui spesso fanno riferimento.

Il fascino di questa festa…

Inserito il 2 Febbraio 2014 alle ore 13:12 da Plinio Borghi

Il fascino di questa festa mi deriva da una serie di aspetti, dei quali il trionfo delle luci (da cui “la Madonna Candelora”) è solo l’ultimo. Il più immediato è l’osservanza delle regole civili e religiose da parte di Maria e Giuseppe. Già s’è visto il viaggio per ottemperare al censimento e la conseguente nascita perigliosa. Ora c’è il rispetto della tradizione di offrire a Dio il primogenito e di riscattarlo, sebbene non ce ne fosse bisogno, giacché si tratta proprio del Figlio stesso di Dio. Anche Gesù si comporterà in modo analogo col battesimo, come abbiamo contemplato tre domeniche fa. Si affaccia poi oggi la bella figura del vecchio Simeone, esempio di un’attesa, ma non un’attesa passiva, deludente, incerta e rassegnata, bensì di un’attesa vibrante, ansiosa, fatta di certezza e di speranza. Simeone rappresenta quello che dovrebbe essere per ciascuno di noi il transito in questo mondo: una tendenza verso quello che ci aspetta e ci è stato promesso. Dovremmo vivere sempre in tiro, come le corde di un violino e “suonare” per ampliare al massimo la sinfonia che ci è stata affidata, senza incorrere nella tentazione di allentare lo strumento o di accontentarci del risultato raggiunto. Ma il grande vecchio ci insegna anche la soddisfazione dell’abbandono alla volontà del Signore, prorompendo in uno dei canti più belli che un uomo di fede possa proferire: “Ora lascia che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza..”. Lasciatemi dire che in latino queste parole sono pura poesia e di una suggestione unica. E qui s’innesca un altro flash. Mentre le pronunciava Simeone teneva in braccio il Bambino e la liturgia si perita di sottolineare che il vecchio sosteneva il bambino, ma era il bambino che reggeva il vecchio. Non è un gioco di parole, ma il senso unico della nostra esistenza: portare Cristo (carità e missionarietà) ed essere sorretti da lui. Debbono concorrere entrambi i presupposti, per non vanificare ogni sforzo. Starà a Lui, quando non ce la facciamo, di aiutarci, come recita il famoso adagio di quello che, rivisitando in sogno la sua vita, vede quattro impronte sulla battigia, ma per lunghi tratti solo di due e si rivolge al Signore rimproverandogli di non essergli stato sempre vicino, come aveva promesso. Al che il Signore gli risponde: “Le due impronte sono le mie ed era quando, nei periodi più duri per te, io ti portavo in braccio”.

L’incognita delle opere pubbliche

Inserito il 2 Febbraio 2014 alle ore 08:00 da Don Gianni Antoniazzi

Per molti i lavori pubblici sono un’incognita inquietante. Qualcuno li paragona ad una grave malattia: si vede quando inizia, non si capisce se finirà e con quali conseguenze.

Neanche il tempo di veder finiti i lavori in via Gallina, via Portara e Goldoni che subito abbiamo avuto un disagio per il rifacimento delle fognature in via Vallon e via San Donà. Il primo sentimento è certamente di gratitudine per il Comune che pensa alla sistemazione della nostra zona. Alla lunga, se non si facessero questi interventi ne soffriremmo parecchio. Tuttavia molta gente esprime un po’ di preoccupazione: risulta infatti che i lavori di via Vallon non siano ancora completi, anzi, ne mancherebbe ancora la metà. La ditta, che da principio aveva firmato il contratto, non avrebbe rispettato i tempi di consegna. Pare che il Comune sia intanto riuscito ad allontanarla e attenda di indire un nuovo appalto per concludere il lavoro.

Molti esprimono sofferenza, disagio, malessere. Poi anche indignazione, protesta, rabbia.
Bisogna riconoscere che se un cittadino compisse questi sbagli ne pagherebbe i danni, mentre  quasi mai i dirigenti pubblici subiscono le stesse conseguenze.

Più che rabbia, però, dovremmo provare “vergogna”, un sentimento più difficile, ma anche più opportuno. Nasce infatti quando ci accorgiamo che anche noi siamo colpevoli e responsabili del male altrui.

Se infatti la “cosa pubblica” sta facendo fatica è perché tutti, come comunità umana, abbiamo smarrito quel senso di giustizia e correttezza che coinvolge tutto l’essere: la razionalità, la volontà, i sentimenti.

Non è consentito distinguere fra vita privata e responsabilità pubbliche: solo chi è fedele nel poco può avere autorità su molto. Le opere pubbliche sono specchio della vita civile e sarebbero più snelle se lo stile di tutti fosse più essenziale.

don Gianni

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