Inserito il 11 Ottobre 2015 alle ore 12:01 da Plinio Borghi
Tra il dire e il fare… Si dice che l’amicizia duri finché uno non domanda all’altro un prestito. Nei rapporti affettivi non cambia molto. Si fa presto a dire: “Per te mi butterei sul fuoco!”, ma quando si tratta di buttarsi sul serio… si faceva così per dire. La realtà è che a parole siamo tutti bravi, disponibili, accoglienti, generosi e quant’altro, poi, nei fatti, è tutt’altro paio di maniche. I nostri slanci sono come le promesse dei politici. Ne sanno qualcosa coloro che operano nel mondo del volontariato: oh, ci sono tantissime brave persone che si danno da fare, ma molti di meno di quanti si erano dichiarati e magari avevano anche sollecitato iniziative. Spendersi un po’ di più è dura, farlo fino in fondo è pressoché impossibile. Nel donare, la musica non muta: i più generosi si privano di una buona parte del superfluo (sempre utile, senza dubbio), raramente del necessario, figuriamoci poi del tutto (altrimenti non avrebbe avuto senso che Gesù facesse notare ai discepoli il valore di quella piccola moneta lasciata nel tempio dalla vedova)! Comunque il fatto è sempre inversamente proporzionale alla ricchezza posseduta. L’ha ben compreso anche il fisco, tosto pronto a rastrellare quel poco fra i più, invece che il molto dove ce n’è, a partire proprio dai notabili. Emblematico rimane quindi l’episodio del giovane ricco che ancora una volta il vangelo ci propone. L’evangelista rileva che è addirittura corso incontro a Gesù gettandosi in ginocchio davanti a lui: c’era quindi volontà e generosità nel farlo e infatti viveva correttamente i precetti, tanto che è egli stesso a chiedere al Maestro cos’altro poteva fare per guadagnarsi al meglio la vita eterna. Tuttavia, alla risposta che il salto di qualità ulteriore sarebbe stato quello di privarsi di tutto e darlo ai poveri, se ne va rattristato. E Marco si premura di sottolineare: “Possedeva infatti molti beni”. Già. Difficile lasciare il certo per l’incerto: la nostra fede vacillante non arriva a tanto. A parole siamo sicuri della vita eterna; invero azzardiamo di più in investimenti rischiosi o per giocare all’enalotto o al gratta e vinci, malgrado le certezze siano di molto inferiori e senza tener conto che, ben che vada, tutto quaggiù dobbiamo lasciare. Io confido nelle parole di Gesù e cioè che a Dio tutto è possibile, anche neutralizzare la nostra grettezza, ma ho la vaga sensazione che saranno di più i cammelli che riusciranno a passare per la famosa cruna dell’ago.
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Inserito il 7 Ottobre 2015 alle ore 18:44 da Redazione Carpinetum
Abbiamo inserito nel sito lettera aperta dell’11/10/2015. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.
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Inserito il 7 Ottobre 2015 alle ore 18:14 da Don Gianni Antoniazzi
Sabato prossimo, 17 ottobre alle ore 15.30, nella Basilica di San Marco, Davide Rioda, insieme a 3 seminaristi, diventa diacono. È stato qui un anno. Lo accompagniamo con affetto
A 27 anni Davide diventa diacono. Il termine viene dal greco, diákonos, e significa “servitore”.
Albert Einstein ha scritto che “la maturità inizia quando siamo più preoccupati per gli altri che non per noi stessi”. Sono parole che raccontano bene il servizio.
Esso infatti non consiste nel compiere una buona azione una volta la settimana. È invece un modo di pensare a se stessi che ci rende più attenti agli altri: non stare reclinati sul proprio ombelico, ma aprirsi con fiducia.
Nel caso di Davide, poi, il diaconato è anche l’ultimo passo prima del sacerdozio. Per certi aspetti è più importante, perché impegna la vita: in questa tappa, infatti, si assume il celibato e si promette figliale obbedienza al Vescovo.
Certo non si tratta di una scelta comune: i diaconi insieme a Davide sono appena 3. Qualcuno poi aggiungerà che sono giovani plagiati o in fuga dal mondo. Chi li conosce sa che si tratta di una scelta matura, consapevole e di fede. Un passo non comune, ma pienamente autentico e umanamente bello. La comunità dei cristiani capisce che per questi giovani Dio basta.
E il Signore, attraverso di loro, mostra a chiunque che si può essere anche più felici senza seguire la beatitudine proposta dall’uomo “vecchio”.
don Gianni
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Inserito il 4 Ottobre 2015 alle ore 12:35 da Plinio Borghi
Un bel tiro ad effetto! Il vangelo di oggi, preceduto da una prima lettura dal libro della Genesi relativa alla creazione della donna dalla costola di Adamo, non è solo un sasso, ma una bomba in piccionaia! Noi, più piccoli e meschini di quei quattro farisei che si avvicinarono a Gesù per metterlo alla prova chiedendogli se fosse lecito a un marito ripudiare la moglie, ci stiamo arrabattando con divorzi e relativi tempi, coppie di fatto, unioni omosessuali, famiglie allargate, fecondazioni etero e sofismi di vario genere, contrassegnati dalle sigle più fantasiose. Non solo, ma prendiamo per buone pure le aberrazioni più strampalate con la scusa che esistono anche in natura. Fosse solo un problema di tendenza, che ci coinvolge a livello emotivo o filosofico, passi, la cultura è capace di questo e altro. Macché, se ne fa una questione istituzionale, tanto che persino l’Europa starebbe per far scattare sanzioni nei confronti dell’Italia, inadempiente per non aver ancora approvato il matrimonio fra persone dello stesso sesso. Qualsiasi cosa che “liberi” l’uomo dalla sua atavica condizione maschio-femmina è vista ormai come un’evoluzione sociale. Avanti di questo passo, va a finire che le coppie regolari e sposate, oltre che retrograde, saranno considerate minoritarie, se non fuori legge. In tutto questo bailamme, piomba tagliente e indefettibile da oltre duemila anni il monito di Gesù: “Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto” e per chi fa orecchie da mercante aggiunge a maggior specifica: “Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra commette adulterio” e viceversa. D’altronde la metafora della nascita di Eva da una costola di Adamo è preconio dell’ “Una caro”, una sola carne, quella che è la coppia, separatasi dai rispettivi genitori per formare una famiglia, possibilmente prolifica. Le eccezioni, come quella del ripudio prevista da Mosè (ma vi aggiungerei anche gli eventuali annullamenti della Sacra Rota), sono frutto della durezza di cuore e di cervello dei protagonisti, come risponde lo stesso Gesù ai farisei, ma non devono ritenersi regola. Con ciò, massimo rispetto del libero arbitrio che Dio ha concesso a ciascuno (io non ho mai votato per l’abrogazione di alcuna legge in merito), e che ognuno alla fine risponda delle proprie trasgressioni, però liberamente, senza aggredire né essere aggredito a causa di convinzioni non condivise.
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Inserito il 1 Ottobre 2015 alle ore 14:16 da Don Gianni Antoniazzi
Allora è fatta: da lunedì 5 ottobre 2015 riprende la Messa feriale del mattino. Lo scorso anno l’abbiamo sempre celebrata alle 7.00 del mattino. Coi mesi estivi abbiamo sospeso quell’esperienza: molti erano in vacanza, il parroco era ai campi e il sacerdote (don Claudio) rimasto in parrocchia si occupava sia della celebrazione serale che di eventuali funerali. Da lunedì la Messa riprende ma con un cambio di orario: sarà celebrata alle 10.00 del mattino e non più alle 7.00. Si tratta di un tentativo che proviamo ad offrire fino a Natale, pensando soprattutto alle necessità dei più anziani che desiderano partecipare ad una celebrazione feriale senza affrontare il buio del mattino o della sera. La cosa avrà un suo decoro e un suo ordine? Bene, continueremo. Diversamente torneremo alle 7.00. Chi ha chiesto questo cambiamento cerchi di non lasciar cadere l’occasione.
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