Lettera aperta dell’11 settembre 2016
Inserito il 7 Settembre 2016 alle ore 17:51 da Redazione CarpinetumAbbiamo inserito nel sito lettera aperta del 11/9/2016. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.
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La scuola allarga le possibilità o tarpa le ali all’immaginazione? Abbatte le disuguaglianze o non è neanche al passo con le nuove tecnologie? Cerca il bene degli alunni o la gloria dei docenti? Un proverbio tedesco sancisce che chi si perde nello studio non trova poi la strada della vita. La realtà sembra altra: Zuckerberg (Facebook), S. Jobs (Apple), L. Ellison (Oracle), Henry Ford, Ralph Lauren, ma anche Leonardo Del Vecchio (Luxottica) e altri uomini straordinari han lasciato la scuola proprio per vivere. Sono convinto che la pubblica istruzione sia uno strumento, segnato da fragilità umane, buono a seconda dell’uso che ne fanno gli alunni. Se in chi frequenta ci sono capacità, saranno amplificate. Agli alunni auguro di porsi sempre nuove domande, ai genitori di non smettere lo studio, agli insegnanti di indicare la sapienza. Quanto ai catechisti e a me stesso tremo all’idea di sciupare il Vangelo senza che alcuno se ne innamori. Quando gli obiettivi hanno il respiro di un anno si semina frumento, 20 anni si pianta un albero, un secolo si insegna agli uomini. Se l’obiettivo è l’eternità si trasmette il Vangelo.
don Gianni
Siamo al disfattismo puro. Non bastava anelare al fuoco su questa terra, non bastava essere momento di contraddizione e di divisione, non bastava sottolineare che la vita è uno sforzo continuo perché la porta per la salvezza è stretta e non basta prendere la propria croce. No. Occorre rincarare la dose e porre come condizione l’odio per i propri cari e financo per la propria vita. Beh, qui si esagera e i detrattori del Vangelo, di fronte ad un brano come quello di oggi, vanno a nozze. Già parlare sempre di croce sembra prefigurare una vita di rinunce e sofferenze, se poi ci mettiamo anche l’odio.. Eh sì, è facile strumentalizzare un testo leggendolo a pezzetti! Senza contare che, fuori dalla visione dell’insieme, perdiamo per strada il tono delle singole frasi. Il Maestro anche stavolta ha usato un’iperbole molto forte, dato che il suo messaggio è tutto fondato sull’amore. Ma, pur su un piano prettamente laico, domandiamoci per un attimo: che cosa non si farebbe per amore? Ti butteresti anche sul fuoco! E se incontrassimo ostacoli dalle persone amate? Passeremmo sopra i loro cadaveri! E allora che cosa chiede Gesù ad un discepolo? Né più né meno che questa predisposizione a distaccarsi da tutto e da tutti, per poter abbracciare la croce con gioia, come ha fatto lui. È una questione di valutazione e di scelte, come spiegherà poi nei due successivi capoversi del brano in lettura. Quindi due atteggiamenti ci sono richiesti: l’umiltà di fronte al disegno del Padre, che non conosciamo, ma che passa attraverso la buona novella che il Salvatore è venuto a portarci, e la sapienza del cuore, come invochiamo al salmo responsoriale, che è quella che ci aiuta nel discernimento. In merito a ciò, proprio la prima lettura, dal libro della Sapienza, è emblematica e diretta. Un tempo, col vecchio rito della Messa in latino, quando il sacerdote, dopo l’atto penitenziale, si apprestava a salire all’altare, recitava: “Allontana da noi, o Signore, le nostre debolezze, affinché meritiamo di salire al luogo santo con la mente pura”. Ecco il modo per predisporci alla sequela: mente pura e sapienza del cuore. Il mondo ci guarda, a questo proposito, ed è pronto a deriderci come fa con chi si accinge a realizzare progetti faraonici (vedi i due citati dal vangelo) e poi non ha i mezzi per portarli a termine. Essere suoi discepoli, dice il nostro Messia, richiede una rinuncia totale e questa comporta l’acquisizione dei mezzi necessari per arrivare fino in fondo. Così è.