Inserito il 9 Maggio 2018 alle ore 19:46 da Don Gianni Antoniazzi
Domenica prossima 20 maggio celebriamo la Pentecoste. È la festa dell’effusione dello Spirito Santo che è forza nelle difficoltà, vita nuova nella monotonia, rinnovato vigore che solleva dalla stanchezza.
Entusiasmo viene da una radice greca (en-thus) che significa pieno di un Dio, invasato da spirito divino.
Attenzione, però: la presenza dello Spirito Santo ammetteva manifestazioni diverse. L’entusiasmo dei pagani era scomposto, fatto di eccitazione smisurata e incosciente. C’erano per esempio le baccanti, donne euforiche e prive di controllo, trasgressive e pericolose, legate all’ambiente dell’alcol
e dei fumi esotici. Sulla stessa linea stavano anche i profeti pagani, capaci di parlare senza senno e di agire in modo irrazionale.
Dalla parte opposta, invece, c’era l’esperienza di Israele. Secondo la Bibbia, quando lo Spirito entrava in un uomo, sviluppava e sosteneva le sue facoltà: aiutava i profeti a contemplare i misteri, ma non toglieva il senno, la consapevolezza e l’equilibrio.
Così è l’entusiasmo della Pentecoste: trasmette la vitalità di Dio che è amore, bellezza, giustizia e dominio di sé. Il tempo presente è sempre più pieno di stanchezza e trasgressione. Lo Spirito Santo è portatore di energia, vivacità, vita nuova, ma anche equilibrio e saggezza. E mentre molti cercano piacere e vigore andando oltre i limiti e le regole, noi cristiani accogliamo lo Spirito di Cristo che muove i cuori nell’amore, con la pretesa che questa sia la strada giusta e capace di offrire gioia serena.
don Gianni
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Inserito il 6 Maggio 2018 alle ore 10:14 da Plinio Borghi
Parlare d’amore non è facile, tali e tanti sono i risvolti interpretativi che l’argomento comporta. Quando poi ci si è fatta un’idea abbastanza decente e convincente, metterla in pratica in modo coerente è ancora più difficile. Quel che ci scorre sotto gli occhi tutti i giorni ne è la dimostrazione più lampante: contrasti, reazioni eccessive per un nonnulla, e giù fino alle estreme conseguenze che da sempre ci tormentano, come l’odio verso il fratello e le guerre. Ci meravigliamo quando sentiamo qualche imam proclamare che l’Islam è una religione d’amore, che nutre il massimo rispetto per la donna: il pensiero va a tutti gli atteggiamenti diametralmente opposti che constatiamo. E noi? Quante aggressioni abbiamo compiuto in nome di Dio? Magari con fratelli che adoravano lo stesso Dio? Pure nel nostro piccolo, come esprimiamo il bene per chi amiamo? Facciamo spesso fatica anche a dichiararlo! Forse ci riusciamo a mala pena nelle prime fasi di innamoramento, quando le pulsioni giovanili ci aiutano a superare l’imbarazzo, poi diventa il più delle volte strumentale o sollecitato. Quante volte il partner (prevalentemente la donna) se ne esce con la frase: “Ma tu mi vuoi bene?”. “Certo che te ne voglio!”, ti viene spontaneo rispondere; al che di rincalzo: “Ma non me lo dici mai e me lo dimostri poco..” e via con i soliti chiarimenti che non rimuovono molto. Se Sant’Agostino ha affermato con tanta tranquillità: “Ama e fa quello che vuoi”, significa che ben difficilmente lo spessore della prima azione sarà tale da giustificare la seconda. La liturgia di oggi, nella quale si respira ormai tutta l’aria dell’imminente addio del Maestro, è proprio improntata su quello che è anche il nerbo della Parola e del progetto di salvezza nel loro insieme: l’amore. Quante volte Gesù ritorna sull’argomento! Amatevi.. se mi amate.. da come vi amate.. (gli uni gli altri come io vi ho amato.. osserverete i miei comandamenti.. riconosceranno che siete miei discepoli..). Evidentemente anche in questo ambito si riflettono le stesse problematiche di cui si diceva prima. Oggi addirittura eleva i suoi al rango di “amici” e qui il discorso si farebbe lungo, visto il largo uso (e abuso) che facciamo di questo termine. Gesù però è un partner esigente e pretende che ce lo meritiamo professando il suo amore, dichiarandoglielo, dimostrandoglielo, dando la vita per gli altri come lui l’ha data per noi. Altrimenti rimaniamo solo servi e quindi schiavi delle nostre incertezze, delle nostre pastoie.
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Inserito il 3 Maggio 2018 alle ore 20:23 da Redazione Carpinetum
Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 6/5/2018. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.
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Inserito il 3 Maggio 2018 alle ore 20:10 da Don Gianni Antoniazzi
Domenica 20 maggio la Chiesa celebra il compimento della Pasqua e della nostra salvezza
Gesù Cristo ci offre il suo Spirito Santo e cioè una Vita come nessun’altra: quella dell’Eterno.
Per noi italiani del nord la Pentecoste è considerata una delle tante feste da calendario tra maggio e giugno: ci sono l’Ascensione, il Corpus Domini, la Santissima Trinità e a seconda del calendario liturgico si dà attenzione all’una o all’altra. Così non va. La Pentecoste è fulcro della fede. Insieme alla Pasqua fu certamente fra le feste più antiche delle comunità cristiane. È verosimile che già qualche anno dopo la morte di Gesù i discepoli celebrassero stabilmente questo appuntamento.
La Pentecoste rinnova il dono dello Spirito effuso sulla Chiesa e rende ciascuno, in modo unico e irripetibile, soggetto e protagonista di vita davanti ai fratelli. Tutti allo stesso modo: non prima alcuni e poi altri, ma tutti in modo eguale chiamati dal Padre ad essere partecipi della vita di Dio stesso. Queste parole sono inflazionate e stese sulla carta con l’inchiostro non danno vero conto della grandezza dell’evento. Se comprendessimo la verità e la profondità di questo linguaggio, ne avremmo le vertigini.
Qui mi preme fin d’ora insistere perché nessuno manchi a Pentecoste e, nel limite del possibile, tutti i gruppi siano presenti alla solenne Veglia di sabato 19 maggio, alle 20.45. La chiamiamo Veglia, ma è una celebrazione dell’Eucaristia: fra le più solenni dell’anno.
don Gianni
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