Lettera aperta del 12 maggio 2019
Inserito il 9 Maggio 2019 alle ore 10:04 da Redazione CarpinetumAbbiamo inserito nel sito lettera aperta del 12/5/2019. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.
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Per quasi 50 anni i cattolici italiani hanno obbedito al non expedit, disposizione di Pio IX che nel 1874 proibiva di partecipare alla vita politica. Anni luce di distanza da papa Francesco che invita i ragazzi di Azione cattolica a fare politica.
Oggi, cattolici o no, la res publica nazionale ha contratto le malattie tipiche delle democrazie più avanzate, patologie che affliggono molte istituzioni anche ecclesiali. La parola più gettonata di questi anni è riforme, salvo poi fare e disfare come la tela di Penelope. è sufficiente riformare le nostre democrazie perché non vadano alla deriva come vecchi relitti?
La Chiesa cattolica, che forse è esperta in umanità (Paolo VI), ma non in democrazia, fa fatica a trovare in Italia modi per contribuire a educare alla politica i cittadini di oggi e di domani. Dovrebbe insegnare la virtù archiviata della lungimiranza. In qualsiasi istituzione, anche ecclesiale, servono uomini e donne preparati, non i pressappochisti che si improvvisano competenti. Ci vogliono persone formate interiormente alla ricerca del bene comune e alla disciplina del continuo discernimento.
Dag Hammarskjöld, segretario delle Nazioni Unite degli anni Cinquanta, ripeteva: “Il viaggio più lungo è quello che si compie all’interno di se stessi”. Purtroppo pochi eletti vogliono davvero percorrerlo.
don Gianni
“Non avete nulla da mangiare?” È la domanda che il Risorto rivolge agli apostoli di ritorno dall’ennesima pesca inconcludente. Il seguito è descritto nel vangelo di oggi ed è noto: rigetteranno le reti, ci sarà ancora una pescata miracolosa, finalmente riconosceranno il loro Maestro nello “sconosciuto” che grida dalla riva, mangeranno insieme pesce arrostito e avranno l’ennesima prova che il Salvatore è realmente risorto col suo corpo; Pietro riceverà col “pasci i miei agnelli” e “pasci le mie pecorelle” il primato di pastore della nuova Chiesa. Tuttavia, a me piace soffermarmi di più sul significato allegorico e sul tono della domanda iniziale. Quante volte ce la sentiamo in qualche modo rivolgere ogni giorno! Da chi bussa alla porta a chi ti chiede l’elemosina fuori dal supermercato, da chi cerca un posto di lavoro con una famiglia da sfamare alle spalle a chi scappa da miseria o guerre in cerca di sopravvivenza e di pace, da chi si accontenterebbe di un po’ di cibo spirituale come un sorriso o un minimo di consolazione per le pene che sta attraversando. Ho citato solo alcuni casi estremi, ma la platea dei bisogni include anche tante altre situazioni intermedie che spesso ci sfuggono e che magari si risolvono con un po’ di collaborazione o di solidarietà. La domanda però va oltre e potrebbe essere ribaltata e rivolta da chi ha verso chi non ha. Sovente non tutti quelli che si trovano in stato di necessità hanno la forza o il coraggio di farsi avanti ed ottenere l’aiuto che gli spetta o che potrebbero conseguire. A chi di dovere, cioè a tutti noi, deputati o meno a farlo, spetta l’obbligo professionale o morale di cercarli e di scovarli: “Figlioli, non avete nulla da mangiare? Venite, siamo qui ad indicarvi le strade opportune per risolvere i vostri problemi, per darvi una mano. Non abbiate paura”. Due toni diversi che racchiudono tutto il nostro modo di essere cristiani. In entrambi i casi, i protagonisti sono gli stessi e in tutti loro si nasconde un solo volto, quello di Gesù. Nemmeno Lui era stato riconosciuto dai suoi, in un primo momento, ma poi “il discepolo che lui amava” (Giovanni) lo gridò a Pietro: “è il Signore!”. Sembra la rappresentazione pratica di quello che il Messia ci ha comandato: riconoscere (altro verbo da usare nella doppia valenza, passiva e attiva) in ognuno dei diseredati il Signore. Se non ci viene spontaneo farlo per amore, facciamolo almeno per convenienza: è su questo che alla fine saremo giudicati.
Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 5/5/2019. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.
A Maduria, in provincia di Taranto, 14 ragazzi, 12 minorenni, si sono resi responsabili della morte di un uomo di 66 anni, vittima di continui maltrattamenti. Alcuni sono già stati arrestati. Pare che nessuno sia intervenuto per fermare la barbarie: né i vicini del defunto, né i genitori dei giovani, né i servizi sociali. In effetti la moda attuale ci insegna a sfuggire le responsabilità quasi fossero un malanno.
La figura materna va nella direzione opposta. Secondo il filosofo Emmanuel Lévinas la responsabilità sta nel portare l’altro. In questo modo la mamma è la figura concreta dell’etica umana. Ella è accoglienza incondizionata, si lascia invadere e trasformare da chi porta nel grembo. Non pensa al figlio come a una privazione, ma come l’occasione per assaporare la vita con intensità. Una mamma è asimmetrica: non però nel senso del dominio sul piccolo, ma nel senso della cura e della sollecitudine gratuita.
Non è autosufficiente: con lei c’è il papà e il figlio. L’Italia, come nazione, ha bisogno di diventare materna. Ciascuno è chiamato a dare vita, secondo la responsabilità e la libertà propria. Siamo nel tempo giusto per parlarne. Maggio, infatti, viene dal sanscrito mai che sta per grande madre, ed è anzitutto sulla terra che in questi giorni, con la primavera che prova a farsi spazio, esplode di vita.
don Gianni