Inserito il 29 Novembre 2020 alle ore 10:09 da Plinio Borghi
Veglia: una parola che ci siamo sentiti ripetere parecchie volte in questo periodo di chiusura e apertura dell’anno liturgico. Eppure non è un termine astruso o poco usato, specie per chi soffre d’insonnia. La veglia è una condizione, nella quale ci si può trovare forzosamente, appunto, o per scelta, se talune circostanze lo richiedono. Queste possono dipendere da motivi di lavoro (turni di notte), di attesa di eventi importanti, di divertimento (dove spesso assume il termine di “veglione”: famosi quelli di capodanno o di carnevale, ma anche i frequentatori di discoteche ne sanno qualcosa), talora di assistenza a persone gravemente ammalate, di ultimo saluto (ormai di rado, almeno nelle città) alle spoglie del caro estinto, di preghiera in occasione di importanti scadenze religiose, come, per citarne due, quella di Pasqua e quella di Pentecoste, e via dicendo. Come si vede, è una pratica che non ci è estranea. Un tempo, quando non c’era la televisione e le altre distrazioni erano rarità, vi si ricorreva con una certa cadenza e, nelle campagne, si svolgeva nelle stalle, dove ci si radunava al calduccio, giovani e anziani, e si dava vita ai famosi “filò”, che andavano dal pettegolezzo all’aneddotica, comunque utili al trasferimento di conoscenze ed esperienze. Perché allora la liturgia è così puntuale nell’evidenziare in questi due particolari momenti, con dovizia di riferimenti, l’insistenza di Gesù affinché abbiamo a vegliare non sapendo quando il padrone (o lo sposo) arriverà? Evidentemente siamo di fronte ai momenti topici dell’intervento diretto di Dio sulla storia dell’uomo: la sua discesa fra noi per avviare il percorso di redenzione promesso ai nostri progenitori, che inizia con l’Avvento e culmina con l’incarnazione; e il ritorno nella sua gloria alla fine dei tempi, per il giudizio finale, data che è a conoscenza solo del Padre, ma parimenti degna di una veglia che ha la durata del tratto temporale della vita terrena. La differenza fra l’uno e l’altro è che il primo è già avvenuto e noi siamo chiamati a riviverlo ogni anno come una sorta di “allenamento” in funzione del secondo. Assistere da indifferenti a questa opportunità o, peggio, farsi trovare “addormentati”, il che equivale a essere distanti mille miglia dalla realtà, costituisce di fatto una firma in bianco sulla nostra condanna. Approfittiamo invece di questo Avvento per far riserva di quell’olio che alle vergini stolte è poi venuto a mancare.
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Inserito il 26 Novembre 2020 alle ore 14:12 da Redazione Carpinetum
A titolo di prova, durante l’Avvento, ogni sabato alle ore 16:00, viene aggiunta una Messa prefestiva.
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Inserito il 25 Novembre 2020 alle ore 19:57 da Redazione Carpinetum
Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 29/11/2020. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.
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Ricordiamo che in coda al foglio vengono pubblicate le pagine dedicate alla parrocchia della Santissima Trinità di via Terraglio 74/C (Mestre – VE) guidata da mons. Fabio Longoni.
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Inserito il 25 Novembre 2020 alle ore 19:26 da Don Gianni Antoniazzi
Il Natale è l’incontro fra Dio e l’umanità. La stanchezza di questo periodo genera tensioni e rovina i legami. Pare che il Virus intacchi allo stesso modo il corpo e le relazioni. Bisogna venirsi incontro, da ambo le parti
Da questa domenica prepariamo il Natale. Gesù ci viene incontro e, nascendo, supera l’abisso che ci separa dal Padre. Sta a noi, ora, compiere il passo per accogliere la sua compagnia. Basta poco, ma il nostro contributo è necessario.
L’incontro nasce da un interesse: chi è prevenuto, trova sempre il pretesto per litigare; quando invece ci si vuol bene, anche qualche distanza viene superata d’un balzo. La passione copre qualsiasi distanza. Pensiamo, per esempio, al mondo sportivo. Il calcio ha linguaggi articolati: nomi, zone del campo, falli e regole complesse. Chi di noi capisce una radiocronaca? Eppure, i tifosi colgono le sfumature. Così l’informatica, la medicina, la metafisica, o l’astronomia hanno vocabolari impegnativi: chi ha interesse li comprende agevolmente. Gesù viene a visitarci e ci tende la mano. Abbiamo quattro settimane per capire se vogliamo darGli la nostra.
Qualcuno brontola e ritiene che la Chiesa stessa mantenga Dio distante da noi. Per esempio: la scorsa settimana, su lettera aperta, c’era una lettera che lamentava le distanze del nuovo Messale dal cuore dei giovani. Tutto è lontano per chi è prevenuto. In alcuni casi si può portare acqua con le orecchie e qualcuno ancora brontola. Tutto invece diventa vicino per chi vuol capire. C’è sempre luce a sufficienza per la fede e sufficiente tenebra per il dubbio. È così: Dio ci lascia liberi. Anche lo strumento del Messale resta una mano tesa, rispettosa delle nostre scelte. Sta a noi adesso fare le scelte giuste.
don Gianni
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Inserito il 22 Novembre 2020 alle ore 09:58 da Plinio Borghi
Il concetto di continuità non si trova così ben espresso come nella Liturgia. È vero che in generale anche nell’ambito civile è un principio sacrosanto, almeno sul piano del diritto, ma di fatto ogni volta che finisce un ciclo amministrativo chi subentra fa man bassa dei provvedimenti adottati dalla compagine precedente, Ora si sta presentando qualcosa di analogo negli Usa. Qui no, il nostro percorso è come un libro, che al posto di finire con l’ultimo capitolo ricomincia daccapo come fosse il primo, ricalcando peraltro in entrambi gli stessi concetti e le medesime formulazioni. Addirittura il vangelo di domenica prossima esordirà con i riferimenti analoghi a quelli di domenica scorsa (“vegliate perché non sapete l’ora in cui..”). L’intreccio è chiaro e non prelude interruzioni. Oggi festeggiamo nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo. In sé il fatto potrebbe sembrare anacronistico: la regalità di Gesù, infatti, sarà proclamata al momento del Giudizio Universale, quando il Figlio dell’Uomo verrà nella sua gloria, come ci ricorda oggi il noto brano di Matteo, e consegnerà al Padre tutti i regni della terra, ormai ricondotti ai suoi piedi. È anche vero, però, che Gesù ha controbattuto a Pilato che lo stava accusando: “Tu lo dici, io sono re, ma il mio regno non è di questo mondo”, tanto che il governatore fece affiggere sul “trono” particolare che gli aveva predisposto “Gesù Nazareno Re dei Giudei”. Ebbene, fra un paio di settimane già canteremo “Il Re sta per arrivare, venite ad adorarlo”. Come si vede, la figura del Messia quale Re permea tutti i periodi dell’anno e d’altronde non poteva essere diversamente se il nocciolo della missione del Salvatore è proprio l’annuncio del Regno, che meditiamo appunto nel terzo dei misteri della luce ed è alla base della lieta novella. E così nelle similitudini che il Maestro snoderà nella sua predicazione, il Regno dei Cieli è più volte richiamato. Tutto ciò considerato, qual è allora il nostro compito? Evidentemente quello di sostanziare in termini missionari la regalità del nostro Redentore, non soltanto con la testimonianza di una fede coerente, ma altresì adempiendo al mandato che Egli stesso ci ha consegnato prima di salire al cielo: evangelizzare il mondo affinché tutti i popoli siano a Lui ricondotti, come accennavo prima. Dell’investitura finale saremo noi responsabili e quindi fautori, e di conseguenza salvati o condannati a seconda di come avremo operato, soprattutto nell’averlo riconosciuto presente nel nostro prossimo.
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Inserito il 19 Novembre 2020 alle ore 14:26 da Redazione Carpinetum
Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 22/11/2020. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.
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Inserito il 19 Novembre 2020 alle ore 14:15 da Don Gianni Antoniazzi
Sabato 21 novembre la Chiesa veneziana celebra la festa votiva vecchia di secoli per la liberazione dalla peste. I nostri padri hanno riconosciuto l’intervento di Dio nella storia della Serenissima. È un invito a rinnovare la fede
In occasione della Madonna della Salute, invitiamo tutti a venire in chiesa qualche istante e a raccogliersi in preghiera. Vicino all’ingresso ci sarà l’icona, esposta per la solenne venerazione. Come sempre, le porte della chiesa saranno aperte alle 5:00 del mattino, ma sabato 21 e domenica 22, chiuderanno solo alle 21:00, non prima.
Bisogna avere chiarezza su una questione: la preghiera non sostituisce la responsabilità umana, non si supplica il Signore perché Egli svolga il lavoro al posto nostro. Rivolgiamo invece la nostra invocazione a Dio, per intercessione della Vergine, affinché la nostra vita possa cambiare, essere sanata dall’egoismo, dall’orgoglio, dalla cupidigia e da ogni altra causa di malessere. Il Signore guidi le nostre scelte, le renda più responsabili, ci conduca ad impiegare le risorse umane e razionali per edificare il bene. Ci prenda per mano e ci accompagni verso l’uscita da questa malattia angosciante.
Detto questo ciascuno preghi come può, come gli è stato insegnato: il Signore non allontana nessuno dei suoi figli quando si presenta davanti a lui con umile sincerità.
don Gianni
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Inserito il 15 Novembre 2020 alle ore 10:03 da Plinio Borghi
Alla resa dei conti ovvero al momento di far sintesi di come ci siamo comportati nello studio, nel lavoro, negli affari, negli affetti, nell’impegno sociale, nella pratica religiosa, nel volontariato, nella cura della salute, nel rispetto degli altri e della natura ecc., ho l’impressione che si vada ad aprire il vaso di Pandora. Un paio d’interrogativi vale per tutti: ci siamo mossi prevalentemente per il nostro tornaconto o per ottenere il meglio sul piano oggettivo? Abbiamo soddisfatto noi e il nostro protagonismo piuttosto che le esigenze richieste dai progetti? Non è facile rispondere, anche perché la maggior parte delle volte, in effetti, c’è dell’uno e dell’altro e la tendenza all’auto giustificazione ci porta a ingigantire il poco di giusto e a sminuire il tanto di scorretto. Fosse per noi, quel poveraccio descritto dal vangelo di oggi, che ha nascosto sotto terra il talento affinché non andasse disperso, lo assolveremmo, se non altro per solidarietà. L’esempio dei talenti investiti rappresenta la risposta positiva: i due sapevano di agire non per il proprio interesse, ma esclusivamente per quello del padrone di cui erano affidatari, mentre il terzo, pur conoscendone le pretese, ebbe paura. La paura, altro aspetto da considerare: nel modo in cui ci muoviamo conta più questa (di far brutta figura, di passare per maldestri, di essere ripresi, di subire sanzioni, di finire emarginati..) o la convinzione di quel che si sta facendo e la consapevolezza di andare nella direzione giusta? Sembra una domanda retorica, ma a mio avviso non lo è più di tanto. E qui si rischia di rompere del tutto il suddetto vaso, con sorprese poco piacevoli. Rimedi? Non sono l’uomo del monte, con verità in tasca e risposte pronte (tanto per stare in rima), ma il criterio generale per correggere il tiro è ben noto a tutti, anche se ci viene da eluderlo per non dover poi agire di conseguenza: chiederci il più spesso possibile la vera ragione delle nostre azioni. Ad esempio nel volontariato prevale la mania di protagonismo? Negli affari conta che sia buono per entrambi o vale solo il mio vantaggio o, peggio, conta di più la soddisfazione di aver fregato l’altro? Nel lavoro, so riconoscere il giusto valore dei colleghi o mi guardo intorno e mi sento il migliore? Nello studio aiuto chi è meno capace? Se canto in chiesa è perché mi piace e mi beo di farlo anche bene o prevale in me la volontà di lodare al meglio il Signore? Continuiamo, rimediamo e alla resa dei conti pure i nostri talenti saranno raddoppiati.
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Inserito il 11 Novembre 2020 alle ore 18:30 da Redazione Carpinetum
Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 15/11/2020. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.
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Ricordiamo che in coda al foglio vengono pubblicate le pagine dedicate alla parrocchia della Santissima Trinità di via Terraglio 74/C (Mestre – VE) guidata da mons. Fabio Longoni.
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Inserito il 11 Novembre 2020 alle ore 18:03 da Don Gianni Antoniazzi
Nelle parrocchie è arrivato il Nuovo Messale, il volume di copertina rossa che viene usato sopra l’altare per celebrare la Santa Messa. Qualcuno si aspettava maggiori cambiamenti e un linguaggio più moderno
Un sacerdote della nostra diocesi (d.S.V.) commenta il Nuovo Messale con queste parole: “Ho avuto modo di sfogliare il testo e leggere alcune recensioni, generalmente positive. Ho l’impressione che questa edizione, tanto attesa e pubblicizzata, sia nata vecchia. La revisione è iniziata vent’anni fa: in vent’anni il mondo della comunicazione è radicalmente cambiato. Le tanto decantate novità sono realmente poche e poco significative. Permangono nel testo forme letterarie del vecchio messale, obsolete, poco accessibili alla gente […] La montagna ha partorito il topolino. Capita spesso quando il compito di rivedere qualcosa è affidato a ‘professionisti’ che hanno poca consuetudine con la vita quotidiana della comunità cristiana”.
Il sacerdote che ha scritto queste righe gode del mio affetto e della mia simpatia da decenni. È vero che il linguaggio avrebbe potuto essere più attuale e in effetti si usano concetti incomprensibili soprattutto ai più giovani. Tuttavia di per sé la liturgia realizza un “mistero” che supera le categorie umane. La salvezza della Pasqua è più grande della nostra comprensione. Quando celebriamo è normale che anche il linguaggio possa non corrispondere alla moda e, come avviene in alcuni testi poetici, chieda a chi partecipa di elevare lo sguardo oltre la semplice natura umana.
don Gianni
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