Il blog di Carpenedo

Il blog di Carpenedo
La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

Lettera aperta dell’8 maggio 2022

Inserito il 5 Maggio 2022 alle ore 11:14 da Redazione Carpinetum

Abbiamo inserito nel sito lettera aperta dell’8/5/2022. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.

Lettera aperta e altre informazioni sulla parrocchia possono essere consultate anche tramite il nostro bot Telegram ufficiale:
https://t.me/ParrocchiaDiCarpenedoBot

Ricordiamo che in coda al foglio vengono pubblicate le pagine dedicate alla parrocchia della Santissima Trinità di via Terraglio 74/C (Mestre – VE) guidata da mons. Fabio Longoni.

La festa della mamma

Inserito il 5 Maggio 2022 alle ore 11:03 da Don Gianni Antoniazzi

Da sempre la comunità cristiana favorisce la maternità. Fu anche un sacerdote di Assisi a sostenere la Festa della Mamma, oggi divenuta un appuntamento quasi internazionale nella seconda domenica di maggio

In questa domenica, 8 maggio, ricorre la Festa della Mamma.

L’Apostolo Paolo cita una sola volta Maria. Ne parla ai Galati: “Nella pienezza del tempo, Dio mandò suo figlio, nato da donna” (Gal 4,4-7). Una frase ricchissima. Per entrare nel tempo, Gesù ha fatto l’esperienza comune a tutti: abitare 9 mesi nel grembo materno. Lì, come ciascuno, ha conosciuto il battito del cuore che diventa il ritmo dolce della vita. In quel luogo ha sperimentato il calore umano che avvolge e difende. Lì, come tutti, è stato nutrito circondato dalla vita di una donna fatta dono.

Anche l’evangelista Luca, all’inizio del Vangelo, si esprime in questo modo: “Gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo” (Lc 2,16-21). Il linguaggio della Bibbia non dice “concepito nel pensiero” o “nelle discussioni accademiche”. E non si ferma dicendo “fu concepito” e basta. La scrittura aggiunge: “nel grembo” che è la prima casa, quella dove ciascuno mette radici profonde.

L’esperienza della maternità, dunque, va sempre sottolineata con ogni vigore. È forse uno degli eventi che più richiama il volto del Padre. Dio, infatti, dal nulla dà vita all’essere. Il grembo materno rinnova questo miracolo: è lì che la vita dal niente fiorisce e si sviluppa.

In questi mesi di rabbia, la maternità e il grembo femminile diventano l’antidoto perché l’umanità non precipiti nella barbarie.

don Gianni

“Arbeit macht frei”

Inserito il 1 Maggio 2022 alle ore 10:06 da Plinio Borghi

“Arbeit macht frei” è la scritta in ferro battuto che troneggia all’ingresso del campo di concentramento e di sterminio di Auschwitz e ripresa in altri lager nazisti. Il lavoro rende liberi. È una grande verità, tanto che i nostri padri costituzionalisti hanno voluto aprire con essa il sacro testo; ma chissà perché certe collocazioni stridono per l’uso strumentale che se ne fa e finiscono per trasmettere una sensazione di disagio, specie in questo caso di cui conosciamo il triste epilogo. Il quale, tuttavia, almeno nel giorno della festa dedicata, ci deve far riflettere. Quante volte nelle nostre scelte e nei vari provvedimenti legislativi lo abbiamo trascurato o comunque non messo al primo posto? Come ci siamo impegnati perché fosse garantito e in particolare ai nostri giovani? Domande che rischiano di essere retoriche, visto come stanno andando le cose, il dilagare della disoccupazione giovanile, le gelosie nel difendere gli spazi occupati, la scarsa propensione a riciclarsi e addirittura la poca voglia di realizzarsi attraverso il lavoro. Soltanto quando ci viene a mancare, ci si rende conto di come venga compressa anche la nostra libertà. Analogo discorso si potrebbe avanzare per l’amore inteso nella sua più vasta accezione. Quanti slogan vengono usati e abusati per esaltarne la funzione, pure questa nel senso della libertà: più ne siamo vincolati e più lo portiamo a un livello esaltante, più ci si sente liberi. Pare anche qui una contraddizione in termini, eppure se ne fossimo privati verrebbe meno la base di ogni rapporto, rimarremmo senza il collante essenziale per qualsiasi convivenza sociale. La liturgia di oggi è imperniata tutta nel parallelo amore-sequela, amore-salvezza: per ben tre volte Gesù chiede a Pietro fino a che punto sia disposto ad amarlo e non tanto per rinfacciargli le tre volte che lo ha rinnegato né l’estremo sacrificio che Egli, figlio dell’Altissimo, aveva appena subito per il grande amore che Entrambi portano verso le proprie creature, verso i propri seguaci, bensì perché capiscano che la libertà vera sta solo nella sequela e che solo seguendo la stessa strada del Maestro, anche fino alle estreme conseguenze, avrebbero trovato la garanzia della salvezza. “Ti esalto, Signore, perché mi hai liberato”, recita il salmo responsoriale. Appena usciti dal Sinedrio, dopo essere stati fustigati, gli apostoli cantavano perché avevano subito in nome del loro Redentore, come da istruzioni. Oggi anche noi siamo a rapporto. Che rispondiamo incalzati dalla domanda: “Mi ami tu?”.

Articoli successivi »