Il blog di Carpenedo

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La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

A norma di legge si può morire

Inserito il 14 Novembre 2014 alle ore 17:37 da Don Gianni Antoniazzi

In 3-4 decenni siamo passati da un’Italia viva, in crescita, ricca di iniziativa e gioventù ad un Paese fiacco, timoroso e deluso, dove il lavoro è un miraggio. È meglio oggi che tutto è “a norma di legge”?

Le abitazioni e i trasporti, l’educazione e la sanità, l’alimentazione e lo sport, i giochi e l’abbigliamento, il tempo libero e le relazioni fra persone: tutto dev’essere a “norma di legge”. Che poi questo faccia veramente bene all’uomo è del tutto secondario. Se si muore in modo igienico nessuno ha nulla da dire. Se un medico ti fa vivere, ma non ha rispettato il rigido protocollo, allora cominciano le rogne.

La “norma di legge” nasce per scaricare la responsabilità finché il cerino acceso non resta in mano al più ingenuo (e più generoso) della catena.

La legge è nata per un ruolo santo: aiutarci a capire quando siamo lontani dalla vita. È diventata invece un cappio al collo. E chi vuol vivere non sa dove mettere i piedi perché ogni terreno è minato da leggine insidiose.

In questo modo piovono contraddizioni: qualche pensionato può permettersi 10 mila euro l’anno per la salute del micio e qualche altro deve far vivere la famiglia intera con 500 euro al mese. Me se è secondo le regole tutto va bene. Per certi aspetti la dittatura più feroce aveva un vantaggio: si sapeva chi era carnefice (il dittatore) e chi vittima (il suddito). Con tutte queste leggi, non è altrettanto facile sapere chi sta dalla parte del torto e della ragione, se lo Stato o i cittadini.

Summo ius, summa iniuria” dicevano i nostri vecchi (l’eccesso di legge è la massima ingiustizia). Parlavano loro che avevano una briciola delle nostre norme. Quando capiremo che si vive per essere contenti e amare e non col terrore di essere fuori legge senza neanche saperlo?

don Gianni

Per i defunti delle nostre vie (settimana 10-16 novembre 2014)

Inserito il 10 Novembre 2014 alle ore 08:01 da Don Gianni Antoniazzi

Continua per tutto il mese di novembre una tradizione oramai consolidata nella nostra parrocchia. Ogni giorno, alla S. Messa feriale delle 18.30, ci sarà la preghiera per i defunti della nostra comunità, strada per strada. Seguendo il calendario che di volta in volta sarà pubblicato anche su “lettera aperta”, invitiamo i residenti delle varie vie della parrocchia a raccogliersi per i defunti della propria strada. Da cristiani siamo infatti coscienti che chi è morto vive con Dio nel giorno senza tramonto e quanto più noi saremo in comunione con Dio tanto più saremo legati anche a loro.

Ecco il calendario di questa settimana:

  • lunedì 10: via Montegrotto;
  • martedì 11: vie Montemerlo, Monte Berico, Venturi, Fridatti, Dri e Rossi;
  • mercoledì 12: via Passo Falzarego;
  • giovedì 13: via Cadore;
  • venerdì 14: vie Nuova, Sappada e Lorenzago.

“Bene fundata est domus Domini supra firmam petram”

Inserito il 9 Novembre 2014 alle ore 12:20 da Plinio Borghi

Bene fundata est domus Domini supra firmam petram”, è il motivo conduttore che accompagna questa festa, la cui liturgia prevale su quella della domenica. “La casa del Signore poggia su una pietra ben salda”: è ovvio che la frase non si riferisce tanto all’edificio, pur importante e prestigioso, quale è la Basilica di San Giovanni in Laterano, madre di tutte le chiese del mondo, quanto alla Chiesa con la “c” maiuscola, che ha come testata d’angolo proprio Gesù Cristo, autodefinitosi “pietra scartata dai costruttori”. Noi ne siamo le pietre vive che Dio ha voluto per farne il tempio dello Spirito Santo, come sottolinea San Paolo. Mi stimola sempre tanta curiosità quando vedo un cantiere in attività, con gli operai che mettono pietra su pietra, che predispongono le armature, che organizzano la gettata di cemento, prima sulle fondamenta, poi sulle colonne e quindi sui vari piani. Cerco di immaginare il progetto che sta a monte di tutto quel lavorio e la funzione che sarà destinato ad assumere ogni singolo locale. Poi, inevitabilmente, vado alle rifiniture (intonaco e rivestimento) e rifletto che tutto quello che ho davanti sparirà dalla vista, a partire dalle fondamenta, e che tutta l’attività che si svolgerà all’interno sarà sconosciuta ai più. Eppure quel che si osserverà dall’esterno alla fine sarà la parte meno importante: la costruzione reggerà per quanto c’è sotto e funzionerà se sarà ben usata per ciò cui è destinata. è facile dedurne che lo stesso vale per la nostra Chiesa, che non si regge sicuramente sugli edifici di pregio o sui paludamenti rituali e neppure sul solo apparato gerarchico, bensì sui più che vivono fino in fondo il Vangelo, che stanno ottemperando al mandato del Salvatore di portare la sua Parola fino ai confini della terra, che dedicano la loro vita al servizio della Comunità  (in particolare dei più poveri ed emarginati), spesso ignorati e nel totale nascondimento, quand’anche non avversati e perseguitati. Tutti costoro saranno l’ossatura della nuova Gerusalemme celeste che Giovanni così ben descrive al cap. 21 dell’Apocalisse ed essi e le loro opere saranno ben visibili a tutti. Sia dunque il nostro agire consapevole che anche il più modesto contributo è determinante e con questo spirito guardiamo pure tutti insieme, con fede, al simbolo che ospita la Cattedra di Pietro, la Basilica lateranense appunto.

Lettera aperta del 9 novembre 2014

Inserito il 7 Novembre 2014 alle ore 19:37 da Redazione Carpinetum

Pubblicata lettera aperta del 9/11/2014. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.

Un canto fra parole e silenzio

Inserito il 7 Novembre 2014 alle ore 19:27 da Don Gianni Antoniazzi

Qualche volta impieghiamo fiumi di parole su argomenti del tutto insignificanti. Quando invece ci viene chiesto di spenderci su questioni decisive, la mente si cancella.

Ci sono parole che feriscono, distruggono e lacerano: una volta dette diventa impossibile guarirne l’effetto. E ci sono invece silenzi che edificano un legame profondo. Certamente prima di parlare bisogna imparare a tacere. Ai futuri sacerdoti il seminario insegna il silenzio fin dalla prima media. Forse la stessa cosa si dovrebbe fare anche quando uno s’interessa di politica o di economia.

Oggi però la questione è un’altra. Da mesi in oriente stiamo assistendo a massacri che cancellano le minoranze. In Iraq interi villaggi di cristiani sono stati sepolti, anche vivi: tutti, compresi i bambini. E non una parola sale dalla politica mondiale: di mezzo ci sono gli equilibri economici.

Ma la cosa non riguarda soltanto i cristiani: anche numerose minoranze islamiche sono perseguitate e così pure persone che hanno posizioni politiche e culturali non allineate coi regimi.

Il silenzio dell’occidente è di una durezza sconvolgente. Non ne parlano i mass media, ma anche internet sembra ignorare questi eventi. Ce ne chiederanno conto, così come si è fatto con chi, durante la seconda guerra mondiale, non ha denunciato lo sterminio degli ebrei.

Il silenzio degli innocenti parla in modo eloquente e anche dopo secoli incide sulle coscienze. Il nostro linguaggio superficiale invece suonerà come il grido stridulo delle ranocchie sul bordo dello stagno.

La musica è sempre alternanza di note e pause: altrimenti è confusione. Allo stesso modo le persone sagge imparano a comporre un canto di parole e di silenzi: ma se siamo muti, non rimarrà che polvere di noi nel futuro.

don Gianni

Per i defunti delle nostre vie

Inserito il 3 Novembre 2014 alle ore 08:05 da Redazione Carpinetum

Ricordiamo che nei giorni feriali di novembre, oltre alle consuete intenzioni dei defunti, ricorderemo di pregare ogni giorno in modo particolare per i morti di ciascuna via della parrocchia.
Ecco il calendario di questa settimana:

  • lunedì 3: via Gallina e via Rocca;
  • martedì 4: via Portara;
  • mercoledì 5: via Goldoni;
  • giovedì 6: via Ligabue e via Sem Benelli;
  • venerdì 7: via Vallon.

La famiglia allargata…

Inserito il 2 Novembre 2014 alle ore 11:43 da Plinio Borghi

La famiglia allargata sembra essere diventata il fiore all’occhiello della modernità, l’esempio dell’apertura mentale dal punto di vista umano e sociale: chi dimostra ancora un po’ di perplessità e di ritrosia rispetto al “nuovo” che avanza è retrogrado e fuori dal tempo. Poco importa se è solo un’azione di recupero, dopo che sono saltati valori come l’indissolubilità del matrimonio, la bisessualità della coppia e il tradizionale assetto della famiglia. Quanto alla pretesa di novità, va detto che noi cristiani fin dai primordi abbiamo introdotto il concetto di famiglia allargata, ma nel suo significato più qualificante, che è quello di una “comunità” che condivide le proprie risorse (a cominciare dall’amore), che vive insieme le avversità, che cerca di esprimersi attraverso la solidarietà (diceva  Gesù: “Da questo conosceranno che siete miei amici: se vi amate gli uni gli altri come io vi ho amato”). Ma ciò che sublima l’idea è proprio “la Comunione dei Santi”, verità di fede che proclamiamo ogni qual volta recitiamo il “Credo”. In questi giorni ne stiamo facendo memoria sia celebrando la festa di tutti i Santi, che include non solo coloro che tali sono stati proclamati, bensì anche tutti quelli che non hanno subito la condanna definitiva (quindi compresi quanti in Purgatorio attendono la gioia finale), sia commemorando tutti i fedeli defunti, le preghiere per i quali vanno proprio a suffragio delle “anime sante” del Purgatorio, o in forma diretta ovvero in modo indiretto se quelli per i quali le rivolgiamo sono già glorificati. Noi, che viviamo ancora nella dimensione terrena, apparteniamo alla “Comunione” come pellegrini verso quello status di santità cui siamo chiamati e destinati, salvo voluta e consapevole rinuncia, in tensione per il banchetto finale al quale Dio ci vuole tutti convitati. Quindi siamo già in Comunione anche se la condizione di santità non è ancora “operativa”. Come in tutte le verità di fede, c’è del mistero, che non ci consente una completa comprensione del fenomeno, che tuttavia è bello così com’è ed altrettanto appagante. Per tale ragione la ricorrente celebrazione delle feste in corso ci coinvolge e assume una prospettiva che ci fa sentir bene. Questa è la nostra famiglia allargata e ogni altro palliativo che non abbia a fondamento gli stessi valori e gli stessi presupposti è solo un rattoppo, fatto con pezza scadente.

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