Il blog di Carpenedo

Il blog di Carpenedo
La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

Non è sempre facile capire…

Inserito il 12 Marzo 2017 alle ore 11:31 da Plinio Borghi

Non è sempre facile capire i messaggi che ci arrivano dalle sacre scritture e dal Vangelo in particolare, nonostante nei secoli gli esegeti abbiano cercato di approfondirne i risvolti. Un po’ è senz’altro colpa nostra, perché abbiamo la mente obnubilata da input che ci arrivano da ogni parte, incrostata di idee e filosofie svianti che impediscono alla Verità di penetrare. C’è inoltre l’incapacità di ritornare ad essere ricettivi come i bambini, malgrado il Maestro continui a dirci che la lieta novella è stata rivelata ai piccoli, perché solo su una tabula rasa la si può intendere. Ritengo tuttavia che ci siano anche delle ragioni oggettive e ce lo dice lo stesso Gesù, quando, in una circostanza come quella di oggi, raccomanda ai discepoli di non parlarne finché il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti. Altro dilemma, come se non bastasse quello appena vissuto: e che cosa vuol dire risorgere dai morti? L’avessimo capito almeno noi, saremmo tutti cristiani convinti! Quando il Cristo si stava avviando alla morte, nel lungo discorso tenuto all’orto del Getsemani, disse pure che aveva tante altre cose da dire agli apostoli, ma che non era il caso, perché non avrebbero potuto sopportarne il peso (Gv 16,12). Promise però l’invio dello Spirito Paraclito, che li avrebbe aiutati a capire di più, ma evidentemente non tutto e comunque non senza la fede, solo attraverso la quale penetriamo il mistero, che tale tuttavia rimane. Così ogni seconda domenica di Quaresima, il sei di agosto e ogni volta che recitiamo nel Rosario il quarto dei misteri della luce ci ritroviamo a contemplare la Trasfigurazione di Gesù: altro grande momento di rivelazione da parte del Padre, rappresentazione di quella che sarà anche la nostra futura gloria, ecc. ecc. Ma perché solo con tre apostoli? Perché tutto lo scenario? Perché quella partita di chiacchiere con Mosè ed Elia, quasi una rimpatriata fra profeti non creduti? Perché proprio sulla cima del monte? Perché il dover tenere tutto segreto fino alla resurrezione? E avanti di questo passo, anche noi impacciati più di quei tre coinvolti e con l’aggravante che stiamo ragionando a Resurrezione avvenuta e a Spirito Santo ricevuto. Certo, il clima deve essere stato bello, se a qualcuno è venuta l’idea di piantarvi anche le tende. Forse è proprio ciò che serve anche a noi, almeno in Quaresima: sostare e contemplare. E forse le risposte arriveranno da sole. E forse saranno più semplici di quel che si pensava.

Lettera aperta del 12 marzo 2017

Inserito il 8 Marzo 2017 alle ore 20:27 da Redazione Carpinetum

Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 12/3/2017. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.

Vivere il tempo presente

Inserito il 8 Marzo 2017 alle ore 20:23 da Don Gianni Antoniazzi

Per il Vangelo il tempo è il talento che si moltiplica quando viene donato. Perder tempo “a chi più sa, più spiace”, ricorda Dante. “Non sprecarlo – ripeteva Steve Jobs – “vivendo la vita di altri”

Un racconto ebraico narra che Dio voleva fare all’uomo il dono immenso del “tempo presente”. Chiede dunque al suo angelo di portare il regalo in terra. Quello gira il pianeta e torna dal creatore col dono in mano. “Perché non l’hai consegnato?”, gli chiede Dio. “Perché nessuno aveva tempo per riceverlo: stavano con un piede nel passato e l’altro nel futuro”.

In effetti bisogna riconoscere che il presente, pur decisivo, è il tempo più difficile: quando se ne parla, dice Agostino, è già passato e già siamo protesi a ciò che diremo.

Nel presente si giocano le decisioni: esso domanda una viva “presenza” a se stessi. Quando il presente è rivestito di bene il tempo profuma d’eterno. Così l’innamorato, quando sta con l’amata, spera che il tempo si fermi. Questa è l’eternità: non un futuro infinito ma un punto presente, rivestito di pienezza.

Certo, il presente può diventare gioia o croce, può fermare o rialzare la persona. Il Qoelet racconta di un vecchio che si sveglia il mattino, guarda i suoi mesi ed esclama: “Non ne provo alcun gusto”. Al rovescio Gesù vive le sue giornate come fossero un grembo fecondo.

La Quaresima è il momento giusto per tornare a ri-assumere in pienezza il nostro tempo.

don Gianni

Temprare lo spirito…

Inserito il 5 Marzo 2017 alle ore 10:28 da Plinio Borghi

Temprare lo spirito è doveroso per noi, se abbiamo intenzione di cimentarci a conquistare il posto che ci è stato riservato nel Regno dei cieli. A dire il vero sarebbe un bene per tutti, a prescindere: anche il più deciso materialista sa perfettamente che ciascun essere umano acquista spessore e “vive” alla grande se alimenta adeguatamente entrambi gli elementi di cui è composto. D’altronde, se facessimo un attimo mente locale su qualsiasi disciplina uno abbia intrapreso, sia essa di carattere sportivo o culturale o artistico, ci sarebbe facile accorgersi di quanta costanza e di quanto sacrificio c’è bisogno per poter sostenere competizioni o confronti di un certo livello, per consolidare i risultati raggiunti e ancor di più per migliorarli. Sovente mesi e anni di duro lavoro hanno come epilogo un exploit di una manciata di secondi, ma la soddisfazione è unica e indicibile e il ritorno ampiamente appagante. Non sempre si riesce a cogliere l’obiettivo e allora si riprende a lavorare. Non sono consentite soste o preparazioni dell’ultima ora: sarebbe tempo buttato e ogni sforzo compiuto sarebbe vanificato. In campo religioso e spirituale è la stessa cosa, non si dovrebbe registrare perdita di tensione, ogni giorno dev’essere una conquista. I tempi forti come la Quaresima non dovrebbero servire a “riprendersi”, a rimettersi in carreggiata, bensì ad intensificare “gli allenamenti” in vista della sfida imminente, l’impatto determinante per la nostra fede: la Pasqua di Resurrezione. Se si parla di conversione, il riferimento non è solo a chi ha dirottato dalla retta via, ma è un invito rivolto a tutti: richiamo per gli uni e stimolo a fare di più e meglio per gli altri. Si insiste sulla penitenza, quasi ingenerando la convinzione che praticare la religione sia una pizza (e qui i nostri detrattori ci sguazzano), mentre non è altro che l’impegno costante che serve a ritemprare appunto lo spirito e dal quale non può che derivare positività e beneficio. Certo, siamo fallaci, è il limite che ci impone la nostra stessa umanità: succede anche ai migliori di avere momenti di caduta, di tirare qualche stecca nonostante gli sforzi compiuti per una buona preparazione. Non importa, ci si risolleva, anche in questo senso vanno intese conversione e penitenza; ma quanto più facile è recuperare se l’impegno è stato fin qui costante e, di contro, quanta più fatica se usciamo da situazioni di rilassamento e di lassismo! Ecco, è partito il momento della verifica: approfittiamone seriamente.

Lettera aperta del 5 marzo 2017

Inserito il 1 Marzo 2017 alle ore 18:56 da Redazione Carpinetum

Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 5/3/2017. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.

Cresce la collaborazione

Inserito il 1 Marzo 2017 alle ore 17:42 da Don Gianni Antoniazzi

Da molto tempo fra sacerdoti e diaconi si sta cercando di lavorare con spirito comune. Durante la Quaresima comincia un segno per tutte le cinque parrocchie della nostra collaborazione pastorale

Una fiaba africana narra che una giraffa, più alta di qualunque animale, era diventata superba e non dava aiuto ad alcuno. Una scimmia decise di darle una lezione. Si mise a blandirla con dolci parole: “Come sei alta! Arrivi dove nessuno può giungere…”. E così dicendo la condusse a una palma e le suggerì di prendere in cima i datteri più dolci. Nonostante il collo lunghissimo, l’animale non riusciva a raggiungere i frutti. Allora la scimmia si issò sulla testa di quell’animale, riuscendo così ad afferrare i datteri. “Vedi – le disse – sei la più alta, ma comunque non arrivi senza gli altri”. La giraffa imparò la lezione e da quel giorno cominciò a prestare più attenzione agli animali intorno a lei. Viene sempre il momento in cui c’è bisogno di qualcuno. Non è per questo però che noi preti iniziamo a collaborare. E neppure perché manchino le forze nel presbiterio dal momento che la collaborazione domanda addirittura più energie. Si lavora insieme perché lo ha chiesto il Signore: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35). Semplice ed efficace.

don Gianni

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