Inserito il 10 Gennaio 2018 alle ore 18:14 da Don Gianni Antoniazzi
Con il Battesimo di Gesù domenica scorsa si è concluso il ciclo di Natale. È iniziato il tempo ordinario della fede che ci porterà fino alla solenne celebrazione delle Ceneri, il 14 febbraio.
Dopo Natale siamo entrati nel tempo ordinario della fede.
L’aggettivo “ordinario” rischia di indicare uno spazio mediocre, quasi di routine faticosa, priva di passione. Una sorta di passaggio obbligato da affrontare con remissività. La persona matura, però, vive di fatti ripetitivi e “ordinari”: ogni giorno mangia, lavora, si lava e riposa. Questa regolarità non è soffocante, ma realizza la crescita compiuta. Di più. Il termine “ordinario”, così come la parola “standard”, da una parte fa riferimento ai fatti normali (per esempio ci può essere una “prestazione ordinaria” che indica il livello medio per un’attività), dall’altra parte lo stesso vocabolo può fare riferimento anche a valori ottimali. C’è per esempio il “modello ordinario” che vale come “esemplare standard”, di perfezione irremovibile, al quale tutti dovranno puntare.
Così, il tempo che ci sta davanti prima della Quaresima può essere addirittura eccellente: quello nel quale porre le basi solide per il futuro. Con questo spirito appassionato, la parrocchia rilancia tutte le sue attività e propone anche alle famiglie di partecipare con entusiasmo alla vita della fede nella quotidianità.
don Gianni
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Inserito il 7 Gennaio 2018 alle ore 10:03 da Plinio Borghi
Avere curiosità è già conoscere. S’è detto che se non si prova più curiosità si finisce di vivere. Sì, perché siamo nati per conoscere e tendiamo verso la Conoscenza a tutto tondo, che è Dio. La curiosità sollecita il desiderio di sapere e di conseguenza la ricerca, che a sua volta si appaga della verità. Di ciò l’esempio più fulgido ci viene proprio dai Magi: infatti, come dovrebbe essere per tutti gli studiosi seri, erano votati a tale impostazione e l’hanno praticata spendendovi la loro vita. E non si sono accontentati di acquisire dati in modo passivo, dandoli per scontati, ma vollero procedere alla loro verifica, mettendosi personalmente in moto. Non erano uomini di fede, come la intendiamo oggi, ma ne possedevano i presupposti, compreso l’approfondimento delle Sacre scritture, cosa invece che da parte nostra lascia tanto a desiderare. Quante volte ci siamo resi conto che l’unico baluardo contro i tentativi di sopraffazione sarebbe una fede granitica (Gesù si accontenterebbe di un granello di senapa!) e invece facciamo acqua da tutte le parti! La saga delle rivelazioni che stiamo celebrando in questo periodo (Epifania, Battesimo e miracolo alle nozze di Cana) sia incentivo a scuoterci dalla nostra indolenza: perché ci tocca vedere che, nonostante il vantaggio dei punti di partenza, sono gli altri a darci la birra? Il nostro Maestro, che non aveva bisogno del battesimo di Giovanni, vi si sottopone in ossequio alla prassi e perché sa che l’investitura che ne deriva in modo così eclatante è l’incipit di una testimonianza inequivocabile, tanto è vero che lo condurrà alla morte. La nostra iniziazione cristiana non va vissuta come un mero momento propedeutico in funzione di un’eventuale e futura scelta: è essa stessa una scelta ben precisa, da fare subito e da consolidare nel tempo attraverso i Sacramenti e l’assorbimento della buona novella. Poco importa se il primo passo è compiuto alla nostra nascita dai genitori, anzi: quante scelte che ci riguardano sono compiute da altri per nostro conto e alle quali nel prosieguo ci rimane sempre la facoltà di abdicare! È specioso e irresponsabile rinviare il tutto a quando il virgulto sarà più grande e in grado di decidere. È come impostargli una dieta sbagliata o non immunizzarlo con i dovuti vaccini, tanto ci penserà lui quando sarà il momento. E quel momento, più si va avanti, più si fa arduo. Speriamo che le manifestazioni che stiamo celebrando provochino almeno una profonda riflessione sulla coerenza col battesimo che abbiamo ricevuto.
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Inserito il 3 Gennaio 2018 alle ore 19:10 da Redazione Carpinetum
Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 7/1/2018. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.
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Inserito il 3 Gennaio 2018 alle ore 19:09 da Don Gianni Antoniazzi
Dopo il Concilio Vaticano II sono state riconosciute ai laici sempre più spazio e maggiori responsabilità nella vita ecclesiale: si tratta di un servizio prezioso che si auspica più stabile.
Il legame della gente con la “Chiesa” è particolare. In occasione dei funerali, spesso mi riferiscono che il defunto era credente in Cristo, ma slegato dall’Istituzione. Come se si potesse amare il Gesù dei Vangeli, senza responsabilità verso i fratelli di cammino segnati da fragilità. Dall’altro lato però, grazie a Dio, ci sono anche laici che si considerano parte della Chiesa e la sostengono con passione. Dopo il concilio Vaticano II, per esempio, si sono aperte le strade del diaconato, accolitato e lettorato dei laici. Ci sono anche ministri straordinari incaricati di portare la comunione ai malati o distribuirla durante la Messa. I ruoli dei laici sono molti e vanno dal catechista all’educatore, a chi “presiede” alla carità e via dicendo: una fioritura di carismi.
Certi laici possono essere più preziosi di un prete. Ricordo, per esempio, Desiderio Boso, un postino di Eraclea, che ha avuto a cuore le vicende di un piccolo oratorio in località “Paluda”. Senza essere smentito posso dire che dalla sua passione sono nate molte vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata. Certo che bisogna stare attenti, perché, come in tutte le altre circostanze, anche nella Chiesa non è possibile lavorare senza il dolce peso della stabilità. Un laico non può chiedere di prestare servizio solo quando la presenza non comporta la croce. Anche la vita di questo mondo entra in crisi quando manca stabilità. Figuriamoci nelle questioni della fede. Coraggio dunque: esorto tutti alla scelta stabile del Vangelo. I frutti danno soddisfazioni straordinarie.
don Gianni
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