Inserito il 30 Settembre 2021 alle ore 12:19 da Redazione Carpinetum
Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 3/10/2021. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.
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Ricordiamo che in coda al foglio vengono pubblicate le pagine dedicate alla parrocchia della Santissima Trinità di via Terraglio 74/C (Mestre – VE) guidata da mons. Fabio Longoni.
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Inserito il 30 Settembre 2021 alle ore 12:13 da Don Gianni Antoniazzi
Parliamo della nostra parrocchia. La crescita è concreta. Il catechismo, le attività e le Messe stanno fiorendo in modo energico. Mancano però alcune presenze. Pesa, perché qui tutti sono importanti.
Col Covid abbiamo attraversato un lungo periodo di fatica. All’inizio siamo rimasti chiusi e poi abbiamo aperto con estrema prudenza. Gli ultimi mesi d’estate sono stati altalenanti: balla la presenza alle attività ma tante le assenze di chi, giustamente, aveva bisogno di svagarsi dopo la lunga chiusura. A settembre, però, c’è stata una netta ripresa. Negli ultimi 15 giorni è fiorita una notevole vitalità in parrocchia. Sono molto frequentate le Messe, in particolare quella delle 9:30 e 12:00. Anche la catechesi e le attività quotidiane esprimono entusiasmo. Certo: è uno sviluppo incompleto. Teniamo addosso la mascherina e la comunità sembra senza volto, ma non c’è più l’angoscia iniziale e il terrore del contagio: la ricerca medica ha fatto passi importanti.
Questo è il momento per domandare alle persone più timorose di farsi coraggio e riprendere il cammino di fede insieme ai fratelli. Gli anziani e le persone più prudenti vengano ad occupare nuovamente il proprio posto. Se restano assenti è un peso per tutti. Certo: resta il dovere di una prudenza completa. Per esempio: guai tossire davanti agli altri. Eppure, se Dio ci assiste, per l’avvenire non avremo più chiusure marcate.
don Gianni
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Inserito il 26 Settembre 2021 alle ore 10:00 da Plinio Borghi
E pensar ch’el va tanto in ciesa! Quante volte avremo esclamato questa frase in presenza di un comportamento poco edificante di qualcuno! O quante volte ce la saremo sentita rivolgere a fronte delle nostre incoerenze! Io da piccolo, quando facevo il quarantotto, me la sentivo continuamente gridare da mia madre esasperata, ma le occasioni non sono mancate anche da più grandicello e da adulto e, ovviamente, non più dalla mamma. Il richiamo non è peregrino e non è detto che l’autore sia sempre persona irreprensibile, anzi, ma mette il dito nella piaga circa quello che ci si aspetta “almeno” da un cristiano praticante. Il brutto è poi se il buon esempio ci arriva da coloro che praticano poco o sono addirittura non credenti e spiace dover constatare quanto parecchie volte costoro prendano le distanze da noi. Volendo allargarsi potremmo fare l’esempio di Gandhi, ma il discorso vale anche per il vicino di casa. Se poi scivoliamo addirittura nello scandalo, allora è meglio che ci prendiamo in mano la seconda lettura di oggi, dalla lettera di San Giacomo apostolo, e ci facciamo un bell’esame di coscienza. Dopo di che passiamo ai suggerimenti che Gesù ci invia dal vangelo, e cioè di tagliare tutto ciò che ci induce a dare scandalo, e avremo compiuto una bella opera di pulizia. Arriveremo alla resa dei conti un po’ storpi e malconci, ma salvi. Al qual proposito, proprio in premessa il nostro Maestro, invertendo ancora una volta la logica delle cose, sembra fare più spazio a chi opera bene nei fatti, prima ancora che ai propri seguaci, magari un po’ pettegoli ed esclusivisti. Questi infatti protestavano perché taluni “che non erano dei loro” si stavano comportando forse meglio. Il motto “chi non è con noi è contro di noi” col Messia non regge: nessuno può scacciare demoni se appartiene al demonio o fare del bene se non è per il bene. Quindi eccolo con la novità : “Chi non è contro di noi è per noi”. All inclusive, altro che distinguo! Stiamo attenti piuttosto a non essere noi a trovarci spiazzati. C’è stato un analogo precedente anche con Mosè, riportato nella prima lettura. Egli redarguisce il figlio di Nun, suo servitore, chiedendogli se agisca per gelosia e aggiunge: “Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore riporre su di loro il suo spirito!”. La morale è scontata: massima apertura per chi opera bene e preghiamo semmai perché siano gratificati del valore aggiunto, che è la fede.
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Inserito il 23 Settembre 2021 alle ore 11:05 da Redazione Carpinetum
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Inserito il 23 Settembre 2021 alle ore 10:25 da Don Gianni Antoniazzi
All’inizio dell’anno pastorale dobbiamo mettere al centro l’unica realtà che merita attenzione: Gesù Cristo. Ciò che non si costruisce secondo le regole della vita e del Vangelo sparisce in fretta, come neve al sole.
L’edificio della salvezza poggia sulla Pasqua, non sulla bravura della Chiesa. La roccia è Cristo. Simon Pietro, e con lui la Chiesa, è un “mattone” (traduzione letterale) che orienta a Cristo.
Un “esperto”, incontrato nei giorni scorsi, ha tenuto una breve conferenza. Ha ribadito la necessità che la vita del prete sia radicata in Cristo. Giustissimo. Poi ha aggiunto che il sacerdote sviluppi pratiche di vita spirituale: confessione frequente, letture spirituali, preghiera. Molto bene. Infine ribadiva che il prete deve essere di esempio: “Un pastore che sa proporre la funzione di chi cammina avanti?” “Serve dunque la testimonianza perché il pastore da seguire dev’essere il primo ad andare avanti”… “Un pastore che per primo sappia proporre la figura del Francesco di Sales, di un Bernardo di Chiaravalle”.
Piano, piano. La fede cristiana non si fonda sulla bravura del prete. Non sarà mai “giusto” a sufficienza per salvare il gregge. Sarà peccatore almeno quanto Pietro. Al prete si domanda che si lasci raggiungere dalla grazia di Cristo e la indichi ai fratelli. Lui, come tutti, deve lasciarsi “giustificare” dalla Pasqua. Il Curato d?Ars era incapace nello studio, non sapeva conservare una vita equilibrata (per esempio nell’alimentazione), era focoso e si lasciava andare a condanne pubbliche, anche soltanto per una pista da ballo. Fu santo perché ministro di riconciliazione e, prima ancora riconciliato col Padre.
All’inizio del nuovo anno serve ricordare un punto decisivo: la categoria che meglio ci esprime non è la perfezione ma la ripresa, la capacità di lasciarci alzare dalla Pasqua.
don Gianni
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Inserito il 19 Settembre 2021 alle ore 10:01 da Plinio Borghi
“Serve chi serve, chi non serve non serve” è la massima coniata dal compianto don Franco De Pieri, mancato nel 2015 e che nell’ultimo anno della sua vita ha tenuto parecchi incontri anche nella nostra parrocchia. Penso che l’abbia attinta dall’odierno brano del Vangelo, dove Gesù raccomanda: “Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti”. Non è la prima occasione in cui il richiamo che gli ultimi saranno i primi e viceversa risuona fra le labbra del Maestro, ma stavolta “definisce” come si è ultimi e come si arriva ad essere primi: servendo. Ne consegue che se uno non assume questo ruolo nei confronti degli altri, non conta niente, non serve a nulla. È il primo passo verso la carità vera, così ben definita da San Paolo nelle sue lettere. Sarà poi Gesù stesso di lì a poco a fornire un esempio simbolico, quando s’inginocchierà a lavare i piedi agli apostoli prima dell’ultima cena. Pietro, in quella circostanza, accenna a rifiutare cotanta umiliazione e si beccherà ancora un avvertimento: se non ti lascerai lavare i piedi, non avrai parte con me. L’insegnamento è diretto anche a chi deve lasciarsi servire. Oggi la faccenda è ancor più delicata, perché cade a ridosso di una debolezza che il Messia ha colto fra i suoi: la discussione fra chi fosse il più importante fra loro. Non è per niente una questioncella di lana caprina, anzi, è l’incipit di una delle devianze più consistenti dei nostri comportamenti, che innesca la gelosia, l’invidia, l’arrivismo, la contrapposizione e quant’altro, insomma la negazione delle norme più elementari per esercitare la carità stessa. Il tutto parte dalla sopravvalutazione di noi stessi, che non siamo per niente portati, nel confrontarci con gli altri, a sentirci un tantino inferiori. Se poi siamo costretti a prenderne atto, apriti cielo: non esiste sana concorrenza, ma solo boicottamento e aggressività . Qui siamo alla negazione anche di quel pizzico di umiltà , che dovrebbe essere il segno distintivo dei cristiani, cioè dei seguaci di Cristo. Se poi veniamo ripresi, neghiamo anche l’evidenza; geloso io?, ma quando mai!; invidioso io?, ma che dici, io non ho nulla da invidiare a nessuno! E questa frase diventa la prova del nove della nostra fallacità . Diamoci una ridimensionata, partendo dal principio che dagli altri abbiamo sempre qualcosa da imparare. A metro di paragone Gesù chiama ancora una volta un bambino: dobbiamo diventare plasmabili come lui, se vogliamo servire alla causa.
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Inserito il 15 Settembre 2021 alle ore 18:11 da Redazione Carpinetum
Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 19/9/2021. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.
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Inserito il 15 Settembre 2021 alle ore 18:05 da Don Gianni Antoniazzi
Le disposizioni emanate dalla CEI esortano le parrocchie ad aver cura per le persone fragili
È bene quindi che i responsabili di liturgia, catechesi e carità abbiano il certificato verde in regola.
La scorsa settimana la Conferenza Episcopale ha emanato alcuni inviti sereni ma pressanti perché le comunità parrocchiali diano l’esempio nella lotta al Covid. I vescovi chiedono con passione che tutti i responsabili delle varie realtà pastorali abbiano il celebre Green pass, strumento che esprime attenzione, cura e rispetto per i fragili.
La nostra comunità è articolata e, nelle righe di lettera aperta di questa settimana, è giusto indicare regole chiare e semplici per tutti. Siano accolte come un gesto di affetto, un’esortazione fraterna, senza rabbia e durezze. Un antico adagio diceva: in medio stat virtus, la virtù sta nel mezzo.
Indicheremo la sostanza, ma lo facciamo con una parola fraterna. Nessuno possiede la verità infusa. Non ci poniamo dunque con arroganza. Non siamo professionisti nel mondo della salute: non abbiamo fatto esami di medicina, ma trasmettiamo quello che persone preparate e attente ci riferiscono.
Anche il Presidente della Repubblica e il sommo Pontefice, insieme a tantissimi ricercatori, professionisti e scienziati, mettono in gioco la propria persona con una scommessa per il vaccino.
Noi non riteniamo che siano tutti soltanto sciocchi, superficiali o, peggio, malvagi nell’aggirare i cittadini. Al contrario, pur nella fragilità che ci accomuna, riconosciamo che la vita sociale e civile del pianeta è guidata da persone che, in genere, hanno a cuore il bene comune.
In linea di massima capiamo che ad accogliere il vaccino forse si coinvolge la propria salute, ma chi non lo accoglie mette di certo a repentaglio anche quella degli altri. Con questo spirito invito a leggere le regole nel foglio parrocchiale.
don Gianni
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Inserito il 12 Settembre 2021 alle ore 10:01 da Plinio Borghi
Ritagliarsi un’immagine di Gesù a proprio uso e consumo o secondo un personale concetto di sequela è cosa abbastanza diffusa e non solo in campo laico. D’altronde non sarebbe che il prologo del relativismo così tanto stigmatizzato dal Papa emerito prima e dallo stesso Francesco oggi. È anche vero che la figura poliedrica del Messia si presta facilmente a questa operazione, tant’è vero che nel vangelo di oggi si chiede anche lui che cosa dicano gli altri della sua persona e la risposta riporta le più svariate ipotesi. Il fatto è che allora non era ancora maturo il tempo per una rivelazione completa, intuita per grazia di Dio solo da Pietro e dagli apostoli, ai quali appunto raccomanda di non farne parola con alcuno, almeno per il momento. Oggi siamo stati ampiamente affrancati da questo vincolo e anzi impegnati a conclamare che Lui era l’unto dal Signore, il Cristo redentore del mondo. Eppure, se il Maestro dovesse chiedermi ancora: “Tu chi dici che io sia?”, sarei in forte imbarazzo a rispondere, perché sarei tentato di mettere bene in risalto alcuni aspetti che mi quagliano meglio, a scapito di altri che fatico ancora a introiettare. In buona sostanza noi siamo portati a trattare il Salvatore come ci rapportiamo fra noi: quando una persona ci fa comodo, ne minimizziamo gli aspetti negativi ed enfatizziamo quelli positivi, anche se sono pochi; al contrario, se non ci va, quelli negativi diventano macigni. E questo succede a tutti i livelli, politico, scientifico, culturale e financo educativo, dai quali dovremmo invece trarre insegnamento e in questo periodo il ventaglio degli esempi è nutrito. Verso Gesù, l?atteggiamento di trattarlo come uno di noi sarebbe anche positivo, se però non scivolassimo negli stessi termini e non prendessimo la buona novella (il Vangelo) come un canovaccio. Ci ha provato anche il buon Pietro, applicando la logica umana, che avrebbe portato alla compromissione del progetto divino, e s’è preso del “satana”. Al Signore non vanno bene le mezze misure: seguirlo significa letteralmente “stargli dietro”, mettere in pratica la sua parola, rinnegare sé stessi e quindi il nostro modo di vedere e discriminare, prendere anche noi la nostra croce, che in ogni caso la vita ci ha posto sulle spalle. Qui non c’è spazio per l’elusione, per tentativi di dimensionamento della croce: Gesù ci ha assicurato che il suo giogo è leggero e quindi adatto a chiunque. Conta saperlo tenere in toto e con coerenza, altrimenti avremo solo perso tempo. E la vita.
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Inserito il 8 Settembre 2021 alle ore 17:18 da Redazione Carpinetum
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