Il blog di Carpenedo

Il blog di Carpenedo
La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

Ora legale dal 25 marzo 2018

Inserito il 22 Marzo 2018 alle ore 08:05 da Redazione Carpinetum

Attenzione: ricordiamo che da questa domenica, 25 marzo, si passa all’ora legale.
Le lancette dell’orologio vanno portate avanti di un’ora e di fatto si dorme di meno. Ricordiamolo, perché c’è sempre qualcuno che giunge in chiesa a Messa conclusa.

Lettera aperta del 25 marzo 2018

Inserito il 21 Marzo 2018 alle ore 19:59 da Redazione Carpinetum

Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 25/3/2018. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.

In cammino verso la Pasqua

Inserito il 21 Marzo 2018 alle ore 18:38 da Don Gianni Antoniazzi

Con la domenica delle Palme che rievoca l’ingresso di Gesù Cristo a Gerusalemme
entriamo nella Settimana Santa, i giorni più importanti dell’anno per la fede di un cristiano.

La liturgia distribuisce le celebrazioni pasquali in una settimana intera. Già con la domenica “delle Palme” acclamiamo Cristo vincitore. Il culmine verrà nel Triduo che inizia il Giovedì Santo: quella sera, nel pane e nel vino, il Signore rinnova il dono della vita. Il giorno seguente lo contempleremo nella sofferenza. Nella Pasqua ci sarà la vittoria completa sulla morte per tutti.

Ma torniamo alle Palme. La liturgia è singolare: c’è il Vangelo festoso dell’ingresso a Gerusalemme e subito la lettura della Passione con la morte in croce. È importante contemplare questi episodi insieme. In realtà la Passione è già una vittoria perché svela l’infinito l’amore di Gesù che trionfa sulla rabbia e la fragilità degli uomini, mentre l’ingresso a Gerusalemme è anche un segno umile: Gesù cavalca un asinello. Così è Dio che non prevarica, ma salva con la mitezza dell’amore.

don Gianni

“Mors tua, vita mea”

Inserito il 18 Marzo 2018 alle ore 10:09 da Plinio Borghi

Mors tua, vita mea è il comprensibilissimo motto latino che, nel corso della storia, è stato variamente interpretato e nelle circostanze più disparate. A seconda dei punti di vista, vale come ultima sfida in un confronto bellico o in un duello; ma non è estraneo a chi agisce scorrettamente per sopraffare un altro, per una carriera a gomitate, per una delazione in cambio della salvaguardia (non occorre fare un salto di molti anni per ricordarsi cosa succedeva durante il fascismo) e così via. Eppure in natura è la cosa più normale che esista e guai se così non fosse: tutto si trasforma e si ricicla nel consueto susseguirsi della vita e ogni vita trae linfa dal declino di altre. Non ci sono tempi uguali per tutto: c’è l’insetto che termina il suo iter vitale in un’ora, un altro in un giorno e l’animale che raggiunge il secolo prima di cedere il passo; così è per le piante: l’esempio più percepibile è quello del seme, che deve morire e marcire per generare il nuovo virgulto. Gesù proprio da questo prende spunto e assimila sé stesso a quel seme, facendo così intendere che, stranamente, lo scopo principale della sua mission era proprio quello di morire, per essere glorificato fino in fondo. Questo discorso, tuttavia, non è solo per lui: vale anche per noi, attaccati come siamo alla nostra vita e alle cose di questo mondo. “Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna” insiste il Maestro. Sarebbe un discorso astruso, se non avessimo già avuto la prova che proprio dalla morte del Cristo deriva la nostra salvezza: mors sua, vita nostra, il motivo si ripete, ma stavolta non è un atto di egoismo. Se poi vogliamo dirla fino in fondo, a sublimare il tutto c’è proprio la vittoria sulla morte, la Resurrezione, alla quale ci stiamo preparando in questo periodo, attraverso la penitenza e qualche piccolo sacrificio di noi stessi in funzione di una rigenerazione che non ha pari. Il nostro Salvatore ha aperto una strada che poi saremo destinati tutti a percorrere. Rifiutiamo di sacrificarci? Non vogliamo morire? Ci costa rinunciare a qualcosa di noi stessi per gli altri? Saremo destinati al peggio: rimanere soli e isolati, come il chicco di grano che cade dalle mani del seminatore, ma non muore e non darà frutto. Allora il motto di apertura vada innanzitutto rivolto come atto di fede al Signore: la tua morte è la mia vita; e diventi un metodo di comportamento: la rinuncia a me stesso sia vita per gli altri.

Lettera aperta del 18 marzo 2018

Inserito il 14 Marzo 2018 alle ore 19:58 da Redazione Carpinetum

Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 18/3/2018. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.

La forza degli anziani

Inserito il 14 Marzo 2018 alle ore 19:31 da Don Gianni Antoniazzi

Da tempo desidero dedicare un grazie a due volontarie della parrocchia non più giovanissime. Hanno rovesciato l’idea secondo cui da vecchi si diventa inutili. E non sarebbero le uniche: anzi!

Tanti anziani prestano servizio: desidero ringraziarne due in particolare.

Malvina Chiozza Cecchinato, nata qui nel 1923. A 19 anni già insegnava verso Jesolo. In tempo di guerra, quando il ponte sul Piave era distrutto, ogni giorno, scesa dal treno, procedeva in barca sul fiume e, in bici, faceva 16 chilometri per andare al lavoro. Per più di 20 anni ha insegnato a Carpenedo. Fra le sue alunne c’era anche Milena Pavan, morta a 81 anni: lei stessa l’ha accompagnato alla sepoltura. Andata in pensione dopo 42 anni di servizio, ha accudito nipoti e figli di amici. Qualche anno fa, aperto il doposcuola, è tornata in trincea, nell’insegnamento ai bambini: apprezzata, competente, puntuale. Esemplare.

La seconda persona da ringraziare è Ernesta Bonso, nata a Trivignano nel ’27, ma da sempre con noi. Di professione infermiera è sempre attiva sotto tutti i punti di vista. Per decenni ha accudito i malati e ancora oggi ha un dinamismo che le consente di dare una mano agli altri. Di fede granitica, si è resa disponibile con una persona più giovane, a seguire un gruppo di catechismo. Non perde un colpo: indica il Signore e suscita affetto indiscusso fra i bambini.

Guardo con ammirazione queste persone capaci ancora di mettersi in gioco. Giovedì 15 marzo anche don Armando compie 89 anni. Mi chiedo se, al mio turno, avrò la capacità di fare altrettanto.

don Gianni

Camminare guardando in alto…

Inserito il 11 Marzo 2018 alle ore 10:01 da Plinio Borghi

Camminare guardando in alto non è un invito che vale solo per chi percorre le calli veneziane, onde evitare le fastidiose sorprese dei soliti colombi, bensì un monito universale, da applicare sia in senso letterale (chi va a scarpinare in montagna ne sa qualcosa) sia in senso figurativo. Per procedere speditamente occorre sempre guardare avanti: se guardi in giù vedi solo i tuoi piedi e inciampi, perché non avverti l’ostacolo; idem per quanto riguarda la bicicletta: mai fissare le ruote o finisci nelle rotaie del tram. Se però vuoi puntare a obiettivi ambiziosi lo sguardo deve elevarsi, oltrepassare il contingente. È in ogni caso tassativamente proibito voltarsi, come sa benissimo chi mette mano all’aratro. Visti sotto tale profilo, diventano più comprensibili sia il riferimento di Gesù al serpente di bronzo che Mosè pose in alto nel deserto, affinché alzandovi lo sguardo si venisse guariti, sia, per analogia, l’affermazione che “bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna”. Di primo acchito verrebbe da chiedersi se Dio abbia bisogno di simili “ritualità” per esercitare la sua misericordia o se la missione salvifica del Messia sarebbe stata sminuita se Gesù fosse morto in modo diverso. Perché la croce? È per noi, che solo se costretti a puntare lo sguardo oltre le miserie, le devianze e le tentazioni percepiamo il valore della posta in gioco e forse riusciamo a far sgorgare dal nostro cuore quell’anelito di speranza che ci salva. A dirla tutta, Gesù è la luce della nostra vita e, come tale, va per forza posta in alto per “funzionare”. Concludo con alcuni flash da un commento sulle letture di questa domenica svolto dal compianto don Franco de Pieri: Gesù è risposta di Luce. Ti viene a dire in questa Pasqua: “Sono Io la Luce che è venuta in questo mondo, che resta pur sempre pieno di tenebre”. Ci invita a uscire da ogni forma di tenebra che oscura la mente e il cuore, ad andare incontro alla luce. Nella notte pasquale la Chiesa accende il cero pasquale, che brilla nelle tenebre e a questa luce tutti i presenti sono invitati ad accendere la loro luce, ad illuminare cioè la loro esistenza con la luce che viene dal Cristo. Cristo non ha ancora perso la sua qualità e capacità di illuminare l’uomo. La luce in noi diventa gioia di vivere, diventa amore, perdono, pace, generosità.

Lettera aperta dell’11 marzo 2018

Inserito il 7 Marzo 2018 alle ore 20:25 da Redazione Carpinetum

Abbiamo inserito nel sito lettera aperta dell’11/3/2018. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.

Il buono di queste elezioni

Inserito il 7 Marzo 2018 alle ore 20:07 da Don Gianni Antoniazzi

Concluse le elezioni del 4 marzo mi permetto alcune parole che prima sarebbero state fuori luogo. Non ritengo che il risultato elettorale sia stato del tutto funesto. Anzi: bisogna sottolineare il buono.

Ha vinto la democrazia: l’afflusso alle urne è stato alto, in Veneto quasi l’80%. Un traguardo mai raggiunto nella patria della democrazia, gli Stati Uniti. Il nostro Comune non è stato da meno, nonostante le lunghe code sopportate anche da molti anziani.

Il voto non è stato soltanto di pancia. Ci sono tutti i segni della riflessione. Per esempio: a livello nazionale Roma ha sostenuto i 5 stelle ma nel voto per la Regione Lazio ha dato 215.000 voti in più a Zingaretti (PD). Gli elettori non seguono abitudini passive ed emotive: riflettono e distinguono.

Una sana democrazia comporta cambiamenti. E ce ne sono stati. Piano a dire che questa è soltanto protesta. La Lega governa da anni. I 5 stelle sono passati dal “Vaffa Day” ai toni vellutati, rassicuranti e mai scomposti di giovani in cravatta aperti alla collaborazione. Certo: i cambiamenti spaventano anche me, che non avrei pensato a questo esito, tuttavia portano vita.

Il problema resta la legge elettorale che non dà vincitori. Dipende non da Dio, ma dagli uomini. Probabilmente ci saranno presto nuove elezioni. Intanto speriamo che dalle urla della propaganda, si passi presto al lavoro per questa povera Italia.

don Gianni

Fuori i mercanti dal tempio!

Inserito il 4 Marzo 2018 alle ore 10:00 da Plinio Borghi

Fuori i mercanti dal tempio! In questa giornata, in cui gli italiani sono chiamati a votare per le politiche, non poteva trovare collocazione un argomento migliore. In campagna elettorale ne hanno dette di tutte e di più e ora conta capire che abbiamo in mano uno strumento non da poco: è lo stesso scudiscio che ha usato Gesù quando ha reagito vedendo il tempio di suo Padre abusato per attività di ogni genere, soprattutto di carattere speculativo, tranne che per le funzioni inerenti al luogo sacro, anzi, quest’ultime erano proprio strumentalizzate per conseguire interessi personali. Nulla di nuovo sotto il sole, si dirà, ma quante volte, impotenti, abbiamo sognato qualche buon fustigatore che prendesse a calci senza tante storie gli inetti occupatori di sedie pubbliche e dei vari templi della politica.. e non solo! Tuttavia, non siamo mai stati molto abili a servirci del voto per compiere un po’ di pulizia “costruttiva”: ogni volta i risultati si sono spostati per qualche manciata di movimenti o, se c’è stato qualche ribaltone, è dovuto solo ad una generica protesta o a moti di insofferenza verso l’esistente, più che per scelta verso il pseudo nuovo che avanzava. Siamo anche piuttosto incostanti e pretenderemmo tutto e subito: dopo qualche mese siamo già a protestare e a gettare a mare quelli che abbiamo appena insediato. Simili atteggiamenti impoveriscono la politica e inducono chi la rappresenta, specie se uomini di mezza tacca, a prendere sempre più le distanze dal Paese reale, a sfuggire al controllo e, più che a curare gli interessi del popolo, a cucirsi sicuri paracadute per future evenienze. Per avere la forza di dare una buona spazzata dobbiamo armarci di coraggio, ma soprattutto essere convinti e conseguenti fino in fondo. L’evangelista, quasi per giustificare l’insolita sfuriata di Gesù, subito dopo ha fatto ricordare ai discepoli che sta scritto:Lo zelo per la tua casa mi divora”. Ecco, quel che ci manca è proprio lo zelo, quel fuoco dentro, che è amore per lo Stato, la Patria, la Chiesa, le Istituzioni in generale, che sono nostre e vanno difese da tutti gli improvvidi attacchi sia esterni che interni; dobbiamo riprenderci il ruolo di sentinelle ed esercitare quella doverosa funzione di controllo che in una democrazia spetta al popolo. E per farlo non servono inutili referendum, bensì rinverdire la partecipazione. Se continuiamo a delegare e poi a esprimere proteste sterili, i “discoli”, da sempre presenti in politica (e chi non lo è lo diventa presto), continueranno imperterriti ad affondare le dita nel vaso della marmellata.

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