Lettera aperta del 3 marzo 2019
Inserito il 27 Febbraio 2019 alle ore 17:55 da Redazione CarpinetumAbbiamo inserito nel sito lettera aperta del 3/3/2019. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.
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Da mercoledì prossimo, 6 marzo, inizia la Quaresima. Ci saranno le liturgie solenni alle ore 9:00, 17:00, 18:30 e 20:45, con l’imposizione delle Sacre Ceneri. Il digiuno, la preghiera e la carità ci condurranno rinnovati alla Pasqua del Signore Gesù.
Per carità di Dio: non si tratta di un cammino triste, ma di speranza e di gioia. Il figliol prodigo era contento di tornare a casa e lì ha trovato festa. Zaccheo, pieno di gioia, scese dall’albero per cenare con Gesù e cambiare vita. I documenti di papa Francesco, scritti per la conversione della Chiesa, hanno sempre un titolo pieno di allegria: Evangelii gaudium (24 novembre 2013), Amoris laetitia (19 marzo 2016), Gaudete et exsultate (19 marzo 2018), ma anche Veritatis gaudium (8 dicembre 2017) e l’inno Laudato si’ (24 maggio 2015).
In effetti ogni progresso, anche umano, pur se faticoso, riempie il cuore di soddisfazione. Se la Quaresima fosse interpretata solo come una serie di divieti, non andremmo da alcuna parte. Se in essa, invece, riconosciamo una proposta che ci fa cantare il cuore, allora giungeremo lontano.
don Gianni
Una ventata di anticonformismo non manca mai nel succedersi delle generazioni: sembra un rito al quale è difficile sottrarsi. Anche chi segue le orme dei padri, un pizzico di innovazione tende a introdurla. Non c’è alcunché di sbagliato, se non fosse che poi tutto diventa una moda da seguire e ci si ritrova tutti uguali, magari diversi da chi ci ha preceduto o dall’impostazione sociale che va per la maggiore, ma ben conformati fra coetanei. È stato così negli anni ’60, quando abbiamo reagito ai capelli tagliati “all’umberta” e giù tutti con i capelli fin sotto le orecchie, con i Beatles come idoli di riferimento. Poi è stata la volta delle minigonne, dei pantaloni a campana e via così fino a oggi dove imperversano scarponcini slacciati, capelli all’ultimo dei moicani, jeans sgualciti, magari col cavallotto alle ginocchia, dei quali a farne le spese sono, in primis, le panche della chiesa, decorate di graffi prodotti dalle borchie delle tasche posteriori scese a livello di coscia. Purtroppo anche negli aspetti negativi ci si conforma e da qui al ricorso da parte di adolescenti sempre più giovani alla droga e all’alcool, alla costituzione (vigliacca) in bande dedite ai reati più stupidi, come il vandalismo o il picchiare la gente a caso, specie se debole, il passo è breve. Non basta, ci conformiamo pure nell’educazione, nel voler bene a chi ce ne vuole, nel trattare bene chi ci considera, ecc. ecc. Ma di quale anticonformismo andiamo cianciando? Ma l’abbiamo mai letto bene il Vangelo? Oggi il più grande Anticonformista di tutti i tempi ci dà una lezione in merito che è esemplare: amare chi ci vuol male, benedire chi ti maledice, dare anche la giacca a chi ti sottrae il cappotto (come dire “dai i soldi per la benzina a chi ti frega la macchina”), se ti picchiano porgi l’altra guancia. Tutti sono capaci di applicare il criterio della reciprocità e pronti a “queo xe ‘na vita che nol me ciama, te par che mi ghe telefono ‘ncora?”. Il nostro Anticonformista per eccellenza ci dice di fare senza contare di essere ricambiati. Ma come?! Si è sempre detto che i più conformisti sono proprio quelli che si appiattiscono alla religione, nel nostro caso al Vangelo! Ecco l’inganno! Il Vangelo non va seguito passivamente, va vissuto e qui sta il vero anticonformismo, perché vuol dire veramente provocare, altro che accontentarsi di qualche sguardo di commiserazione per un look strambo! Dice: “Però è dura!”. Appunto e.. quando il gioco si fa duro, solo i duri (nella fede) cominciano a giocare!
Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 24/2/2019. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.
Prima di spendere ingenti cifre per la TAV “Torino – Lione”, il Governo ha pensato di valutare costi e benefici dell’opera. Si resta perplessi perché qualcuno parla di gravi perdite, altri di risultati opposti. Ma qui ci interessa un altro fatto, che cioè l’analisi “costi-benefici”, sconosciuta fino a poco fa, sembrerebbe ora diventare un criterio di scelta generale. Uno strumento da impiegare in ogni circostanza per non ragionare da pecoroni, ma per essere responsabili. Chi di noi, però, accetterebbe di diventare genitore se prendesse in considerazione i costi e i benefici? Un figlio, infatti, condiziona in modo definitivo l’esistenza.
Per fortuna le nostre scelte più vere si muovono secondo il criterio del dono e della speranza, mai secondo la logica di spese e guadagni. Così ogni vera scelta che dischiude all’avvenire sfugge alle valutazioni meramente economiche. Il Vangelo attesta che anche Gesù ha donato tutto e così ha acceso una speranza straordinaria nei discepoli. La politica è libera di scegliere in base ai criteri che preferisce. Se però un giorno dovessimo estendere ad ogni scelta umana il criterio di spesa e guadagno, allora temo che la vita sociale sarà ridotta e la speranza nel futuro del tutto spenta.
don Gianni
Un bell’investimento. A chi non piacerebbe avere le possibilità economiche per potervi accedere! È il primo pensiero che d’altronde ti viene in presenza di una vincita consistente, perché abbiamo da sempre acquisito il concetto base: nessun capitale resiste a lungo se non si fa luogo ad una serie di investimenti articolati e differenziati, nemmeno se si nascondono i soldi sotto il materasso. Naturalmente ci sono delle regole di massima da seguire, le stesse che valgono poi anche per i più modesti risparmiatori, la più ovvia delle quali è che a una maggior rendita corrisponde un forte rischio, checché ne dicano taluni millantatori: la truffa è sempre dietro l’angolo, come ci ricordano il gatto e la volpe di collodiana memoria. Va da sé che in ogni caso abbondiamo anche di seri esperti in materia e il dilemma è solo a quali mani sicure affidarci. Tuttavia, non illudiamoci di avere a che fare con una materia nuova o con regole recenti, dovute a come gira oggi l’economia o alla globalizzazione: l’investimento fa parte della grande famiglia del commercio, la cui origine si perde nella notte dei tempi ed è connaturata all’uomo. È da mo’ che s’usa dire che il mondo è dei furbi. Figurarsi un paio di millenni fa che reazione di scetticismo ci sia stata quando un sedicente “Esperto” ha cominciato a dire: “Beati i poveri, beati gli affamati, beati quelli che piangono..”, con il seguito di: “Guai a voi ricchi, guai a voi che siete sazi, guai a voi che ridete..”! Fuori di testa, contro ogni logica! E non è che oggi, con le stesse parole che continuano a risuonare dal Vangelo, la reazione sia diversa, con l’aggravante che conosciamo bene la fine che ha fatto poi quell’Esperto. Sì, sappiamo che la morte non l’ha vinto, che è risorto, primizia di coloro che sono morti, come ci ricorda San Paolo oggi, ma il tarlo che puntare tutto sul “fantomatico” Regno dei Cieli non sia un buon investimento tormenta anche i credenti; con quelle regole poi! Eppure una logica c’è e ce la ricorda Geremia nella prima lettura: “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo… Beato l’uomo che confida nel Signore…” In poche parole i piani del Signore hanno un respiro più ampio delle nostre piccole congetture, ma soprattutto non ci può ingannare con un investimento fasullo. La rendita è enorme, il rischio è minimo: una vita; un batter di ciglia in confronto a un’eternità. Non ci convince? Investiamo pure sulla nostra breve esistenza e.. perderemo tutto. L’ha detto l’Esperto di cui sopra.
Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 17/2/2019. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.
La riportiamo nella lingua originale perché molti fra noi conoscono perfettamente l’inglese e possono apprezzare la rima del linguaggio. Dice come nasce la genialità di ciascuno: 1% ispirazione casuale, 29% sudore (perspirazione), 5% improvvisazione; 8% aspirazione (desiderio); 7% contemplazione (dei fatti letti con attenzione); 15% esplorazione (ricerca); 13% frustrazione (delusioni superate); 11% imitazione (sviluppo della realtà); 10,9% disperazione (ricerca angosciata, pressante); 0,1% pura esaltazione (che significa boria, presunzione, alterigia).
Altrettanto vale per la fede di ciascuno. Alcuni mi dicono: “Beato te che hai fede, io non ce l’ho”. Confesso che comprendo poco. L’incontro personale con Gesù va cercato, desiderato, scrutato. È frutto non del caso o di una coincidenza fortuita ma prima ancora di sudore, delusioni di varia natura, ricerca del cuore e più ancora della mente. Non tutto è a portata di mano. Ci sono realtà splendide che domandano un po’ di fatica. Così come accade per il gioco e per gli affetti: se ci si ferma alla superficie si raccoglie poco. Chi è tenace apprezza molto di più la vita e trova anche la ricchezza della fede. L’incontro con Gesù è sempre un tesoro da scoprire.
don Gianni
Qua no s’imbarca baùchi. In un paio di circostanze noi veneti usiamo una frase simile: se qualcuno cerca in modo maldestro di turlupinarti o, sgamato, di tergiversare e quando si vuol dimostrare sicurezza a fronte di chi ti vorrebbe insegnare come si fa. In entrambi i casi, di norma, il destinatario non è mai persona autorevole o affidabile. Raramente, tuttavia, succede anche il contrario e cioè se abbiamo preso fischi per fiaschi e non lo vogliamo ammettere o se, insicuri, intendiamo solo ostentare abilità che sono messe in discussione. Per averne una riprova, basta intrufolarsi in un gruppetto di anziani che osservano i lavori in un cantiere e apostrofi di tal fatta volano in entrambe le direzioni; ma poi ognuno di noi chissà quante ne avrà registrate di analoghe nei propri ambienti di lavoro! Per una strana associazione d’idee sono intervenute queste considerazioni mentre scorrevo le letture di oggi e ho immaginato lo stato d’animo di quei pescatori, delusi del pessimo risultato ottenuto, che, mentre rassettano le reti, si vedono capitare fra i piedi quel Personaggio (per fortuna giovane), di professione falegname per giunta, che li invita a riprovarci. D’istinto ci saremmo senz’altro difesi con la succitata imprecazione e Pietro non se ne discosta poi di molto, ma c’è qualcosa che lo frena: l’autorevolezza di chi la pronuncia. Il che non è poco. “Abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti”. Conosciamo l’epilogo, che ci insegna anche qui un paio di cose: primo, che al Signore nulla è impossibile e, secondo, che non ha bisogno di specialisti per farsi testimoniare. Quei pescatori, abbandonata immediatamente l’abbondante retata, sono corsi a diventare “pescatori di uomini”, ma San Paolo è prodigo di esempi di come Gesù non abbia lesinato di inviare chiunque “fino agli estremi confini del mondo”, lui stesso, che lo perseguitava e si autodefinisce “aborto”. Spesso tendiamo ad essere schivi alla chiamata, che non è solo quella al sacerdozio, e parecchi profeti hanno tentato di declinarla, con la scusa di essere inadeguati, come Isaia nella prima lettura. Dio, però, non demorde e, purificate le sue labbra con la brace, ripete l’invito, al quale Isaia stavolta risponde prontamente: “Eccomi, manda me!”. Stiamo attenti a non tirare troppo la corda con Dio, perché, alla resa dei conti, potrebbe essere Lui a risponderci: “Qua no s’imbarca baùchi”. E la fregatura sarebbe assicurata.
Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 10/2/2019. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.