Inserito il 6 Novembre 2022 alle ore 10:15 da Plinio Borghi
Qui occorre capirsi bene: abbiamo appena celebrato la giornata di tutti i Santi e quella di suffragio per i defunti che ancora non hanno avuto l’ammissione al banchetto celeste. Si tratta in entrambi i casi di gente che ha concluso la sua vita terrena e sono morti o almeno fisicamente noi li riteniamo tali. La nostra fede ci dice che sono nati a nuova vita e ritornati fra le braccia del Creatore che li attendeva. A chi passerebbe ora per la testa di affermare che il nostro Dio non è il Dio dei morti? Guarda caso proprio a Gesù, a conclusione del vangelo di oggi. Siamo ormai entrati nella fase finale dell’anno liturgico, tutta dedicata alla prospettiva escatologica, cioè di quello che ci aspetta dopo il passaggio in questo mondo. A prescindere dal contesto del brano in lettura, dove i sadducei, negazionisti della resurrezione, si peritavano di prendere per il naso il Maestro con il problema della donna “ammazza mariti”, Gesù soggiunge: “Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi, perché tutti vivono in lui”. Da qui sembrano partire tre evidenze, che aggiustano un po’ il tiro sul nostro modo di vedere. La prima che la nostra vita non finisce con la morte fisica, ma “continua” con il passaggio alla vita nuova. Nulla di nuovo sul concetto, sembra quasi una questione di lana caprina, ma è doverosa premessa per ricordare che l’avvento del Regno è già in atto qui, anche se troverà compimento col passaggio alla nuova vita. La seconda che noi tutti in comunione, qui e là, viviamo per Dio, e, in particolare per noi qui, possiamo ritenerci vivi solo se rimaniamo tra le braccia del Padre che ci ha dato la vita. Ciò vale ovviamente se il nostro sentiero non devia dalla traccia segnata dal Vangelo, nel pensiero ma soprattutto nelle opere. La terza che allora i morti veri sono quelli che fanno esattamente e volutamente il contrario, disconoscendo la divina paternità, allontanandosi dalla retta via o addirittura combattendo i principi che la costituiscono. È chiaro che Dio non è e non potrà mai essere per loro. Ecco che la frase pronunciata dal nostro Messia non solo non è più tanto estemporanea, ma suona addirittura come un anatema nei confronti di quei sadducei che lo interpellavano, ma non solo, anche di quelli che camminano su quella falsa riga, per leggerezza o per scelta, comunque per miscredenza. Certo, per “essere vivi” ci vuole una fede veramente salda, che non lasci spazio a incertezze sul nostro futuro. Non ci resta che darci da fare per rafforzarla.
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Inserito il 3 Novembre 2022 alle ore 16:22 da Don Gianni Antoniazzi
Nei giorni scorsi i turisti hanno preso d’assalto Venezia. Il centro storico è uno scrigno d’arte e per questo soffre e si spopola. In terraferma abbiamo difficoltà analoghe. Il problema vero riguarda la fede.
Ho sempre stimato il vecchio prof. di Italiano, don Bruno Bertoli, che al liceo mi ha fatto amare la scrittura quando invece ero proteso solo alle scienze esatte. Lui ripeteva che l’arte fa crescere l’uomo e nutre la fede.
Guardo all’ultimo week-end. Secondo i calcoli, nei giorni dei Santi 450.000 persone hanno visitato Venezia. Cercavano la “città d’arte”. Molti hanno occupato appartamenti anche a Mestre e Carpenedo. Questi turisti sono cresciuti? Stando alle voci pare di no: i veneziani li ritengono barbari e le chiese del centro storico non straripano certo di presenze. Peggio. L’arte sta togliendo vita alla città nel senso che i “signori” che guadagnano col turismo vivono altrove; i veneziani invece stanno lasciando il centro perché c’è sempre qualche ricco “turista” disposto a pagare di più per gli alloggi in vendita.
A noi, però, interessa un’altra questione: l’arte sostiene il cammino verso Cristo? La Divina Commedia, per esempio, è di infinito valore artistico ma dal punto di vista teologico rasenta la bestemmia: inferno, purgatorio e paradiso danteschi non hanno a che fare col Vangelo e non sono io a dirlo. Il lettore vi trova un Dio pagano, giudice tremendo, che distribuisce condanne e premi secondo categorie di merito… Per carità, altri tempi… ma i ragazzi che oggi studiano Dante ne restano scandalizzati e mettono in discussione tutta la fede.
Altrettanto vale per le opere pittoriche. Il giudizio universale della Sistina o l’assunta dei Frari sono esaltanti di bellezza ma eresie nei contenuti di fede. Per esempio: Dio è eterna giovinezza e viene sempre presentato come un vecchio con la barba. Senza poi contare che preti e suore spendono mesi di lavoro per custodire e restaurare (gratis) chiese e quadri finendo poi per essere giudicati stra-ricchi dai visitatori.
Le energie andrebbero spese per annunciare la Pasqua e soccorrere i fragili. Quella è l’arte più bella. Insomma: mi domando se prima venga Cristo o la cultura.
don Gianni
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Inserito il 3 Novembre 2022 alle ore 15:46 da Redazione Carpinetum
Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 6/11/2022. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.
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Ricordiamo che in coda al foglio vengono pubblicate le pagine dedicate alla parrocchia della Santissima Trinità di via Terraglio 74/C (Mestre – VE) guidata da mons. Fabio Longoni.
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Inserito il 30 Ottobre 2022 alle ore 10:07 da Plinio Borghi
Un pizzico di curiosità non guasta, anzi, è il sale della vita e il sostegno della nostra fede. Guai a perdere lo stimolo che solo la curiosità sa innescare: passa la voglia di qualsiasi cosa, sia essa la più banale, come voler gustare un nuovo cibo o una bevanda particolare, sia la più sublime, come la conoscenza e l’amore. Tutto diventa insipido, anche il godere della natura che Dio ci ha concesso. L’episodio del vangelo di oggi, che ha come protagonista l’arcinoto Zaccheo, è l’esaltazione di quest’aspetto: era un truffaldino patentato e la sua voglia di sapere, di vedere chi era questo Gesù di cui tanto si raccontava gli ha raddrizzato quella sua vita deviata. Il messaggio non tanto subliminale è chiaro: non c’è fede che tenga se scema il desiderio di conoscere, nel senso letterale del termine, l’unica fonte, Colui che ha incarnato la Parola, rendendola concreta, comprensibile e parte essenziale della nostra esistenza. Il pericolo, per noi “iniziati”, è che diamo per scontato di sapere già tutto e che perciò non serve tanto penetrare, approfondire, sviscerare questo inesauribile scrigno di doni che il Maestro ci ha consegnato. E così quel poco che abbiamo accumulato in anni di pratica religiosa s’inaridisce. La conversione di Zaccheo non si esaurisce nell’aver soddisfatto una mera curiosità visiva né con l’accoglienza del Messia in casa propria, bensì con lo stravolgimento di tutta la sua impostazione di vita, mettendo in primis l’attenzione ai poveri e dimostrando così di aver ben capito il senso del messaggio che il Salvatore diffondeva. La maggior parte del Vangelo si perita di mettere più in evidenza gli effetti che le varie conversioni producono, appunto per far capire a tutti quello che poi riprende San Paolo: se anche avessimo tutte le qualità necessarie, ma ci mancasse la carità, saremmo come bronzi che suonano a vuoto. Ma c’è un altro spunto che ci arriva dalla prima lettura e dalla pericope trattata: ogni cosa che Dio ha creato Gli è cara, altrimenti non l’avrebbe fatto, e tutto ciò che si è perso o tende a perdersi trova nell’anelito del Padre l’ansia del recupero. Per questo ha chiesto al Figlio quel popò di sacrificio e per questo saremmo solo degli ingrati a non essere solleciti a ricambiarlo. L’1 e 2 novembre celebreremo coloro che hanno saputo rispondere adeguatamente, chi più e chi meno e per quest’ultimi avremo preghiere di suffragio. A tutti chiediamo che ci aiutino con la supplica degli apostoli: Signore, aumenta la nostra fede.
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Inserito il 28 Ottobre 2022 alle ore 08:10 da Redazione Carpinetum
Da questa domenica, 30 ottobre, ritorna l’ora solare. Gli orologi andranno portati indietro di 60 minuti. Le Sante Messe avranno il solito orario.
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Inserito il 26 Ottobre 2022 alle ore 18:55 da Redazione Carpinetum
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Inserito il 26 Ottobre 2022 alle ore 18:43 da Don Gianni Antoniazzi
In questi giorni la liturgia ci invita a contemplare la vita in pienezza, quella offerta dal Padre ai “santi” Questa promessa di vita ci educa ad avere maggior cura di noi stessi, dell’ambiente e delle relazioni.
Lunedì mattina, in patronato, c’erano una dozzina di penne disseminate a terra ovunque. Non era materiale da gettare ma perfettamente funzionante e di buon valore. Alcuni ragazzi avevano trovato un astuccio abbandonato e, per scherzare, si tiravano dietro il materiale. Alla fine avevano lasciato tutto a terra e se n’erano andati. Da notare che lì vicino qualcuno aveva abbandonato anche la cameretta di una tenda con tanto di paleria. Per fortuna i ragazzi non l’hanno strappata. Ora è in canonica (domandare a don Gianni).
Il problema di questa incuria non riguarda soltanto la vita a Mestre. Anche durante i campi di Gosaldo, per esempio, i ragazzi dimenticano pennarelli, matite e penne. Noi insistiamo continuamente perché siano più attenti ma quelli non capiscono. Solo dopo qualche giorno imparano ad avere più cura ma intanto, sul ghiaino intorno alla casa, si raccoglie di tutto.
Bene: i ragazzi non leggeranno mai lettera aperta, ma scrivo perché gli adulti mi diano una mano. Questo tempo domanda austerità e anche i più giovani devono imparare una vita ordinata. Non serve diventare poveri. Basta aver cura di quel che c’è.
Non capisco, per esempio, le proteste di chi, per chiedere attenzione all’ambiente, deturpa opere d’arte capaci di educare i giovani alla bellezza. Che senso ha questa voglia di distruggere?
Quando diventeremo propositivi anziché contestatori? La santità del Vangelo comincia da qui, dalle cose piccole e quotidiane fatte bene.
don Gianni
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Inserito il 23 Ottobre 2022 alle ore 10:02 da Plinio Borghi
Fariseo o pubblicano? Bella domanda! Conosciamo tutti la parabola che il vangelo di oggi ci propone e razionalmente ci verrebbe da paragonarci di più al pubblicano, ritenendoci tutti peccatori e bisognosi della Misericordia del Signore. Se non fosse che poi di fatto, sotto sotto, riteniamo tutto sommato di essere dalla parte del giusto, di comportarci abbastanza con linearità, di essere forse anche migliori di tanti “basabanchi” che bazzicano in chiesa. In buona sostanza non paghiamo le decime di quanto possediamo, non facciamo tanto digiuno, come si vantava il fariseo impettito davanti a Dio, forse siamo anche un tantino ingiusti, talora anche adulteri e, perché no?, anche ladri, almeno quando non facciamo il nostro dovere fino in fondo o ci riesce di fare i furbetti, però ci avanza di confrontarci con chi riteniamo certamente peggiore, magari perché meno furbo e più plateale nel muoversi. Quindi alla fin fine siamo anche peggio del fariseo, sebbene apparentemente modesti, in quanto, con falsa umiltà, rifuggiamo dal metterci in mostra. Di più. Se abbiamo qualche momento di resipiscenza, che ne so, in occasione di una confessione periodica, nella quale ci è richiesto di batterci il petto, siamo convinti di farlo come il pubblicano della parabola? Ne dubito, non fosse altro che per il fatto che il vero pentimento comporta una concreta presa di distanze dal modo di comportarsi e pertanto una conversione a tutto tondo. Un risultato del genere sarebbe immediatamente percepito e gli effetti si noterebbero anche sul piano sociale. Allora non siamo paragonabili nemmeno al pubblicano, che è uscito dal tempio “giustificato” per il suo reale rimorso. Come possiamo constatare, non è così facile dare una risposta coerente alla domanda posta inizialmente e con ogni probabilità il dualismo proposto dal nostro divin Maestro aveva proprio lo scopo di far scoppiare le nostre contraddizioni. Qual è a questo punto la via d’uscita? Quella che accennavamo la settimana scorsa e cioè la preghiera, costante, insistente, non rituale, vera. La preghiera è come uno strofinaccio, o meglio come un aspirapolvere per la nostra coscienza. Attraverso la preghiera creiamo le condizioni per esaminarla continuamente e pulirla realmente. Un po’ alla volta scopriremo la carità, abbandoneremo l’inedia e la presunzione del fariseo, ci avvicineremo alla sincerità del pubblicano. Leggiamoci con calma il Salmo Responsoriale e avremo una traccia utile.
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Inserito il 19 Ottobre 2022 alle ore 21:03 da Redazione Carpinetum
Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 23/10/2022. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.
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Inserito il 19 Ottobre 2022 alle ore 20:43 da Don Gianni Antoniazzi
La prossima settimana sarà il ponte dei Santi ma da 30 anni a questa parte la Solennità non ha rilevanza. Prevale Halloween. Chi ha fede deve riscoprire e annunciare quanto sia vera la proposta di Gesù.
L’operazione non è facile. Si tratta di togliere la muffa ingombrante che avvolge la santità e contemplare la bellezza della proposta cristiana. La proposta di Gesù non corrisponde alle immagini riprodotte sui santini di fine 1800. Quelle erano frutto di un brodetto riscaldato più volte e talora lontano dalla freschezza del Vangelo.
Bisogna tornare alla gioia delle origini. La santità è composta di gente forte e competente che, dietro a Cristo, sostiene col sorriso la società, senza lasciarsi intimorire. Non è necessario diventare perfetti: impossibile pretenderlo. Basta lasciarsi abbracciare dal Padre.
Le stesse beatitudini, proclamate in questo giorno, non sono la riedizione dei vecchi 10 Comandamenti. Sono un lieto annuncio: Dio moltiplica la vita in chi accetta la sfida di vivere; Dio avvolge di pace chi sceglie di perdere le contese …
Origene, vecchio ‘padre’ della Chiesa, scriveva che gli “uomini delle beatitudini” (i Santi), sono gli amici più veri del genere umano. Sì, perché «se c’è un’amicizia per chi è costretto alla guerra, viene dal costruttore di pace; se c’è amicizia per i calpestati viene dagli affamati di giustizia; se c’è amicizia per il ricco, essa abita nel povero che non vuole competere, che non intende avere, che getta il cuore al di là delle cose» (Ermes Ronchi).
don Gianni
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