Il blog di Carpenedo

Il blog di Carpenedo
La vita della Comunità parrocchiale dei Ss. Gervasio e Protasio di Carpenedo

Avere punti di riferimento…

Inserito il 14 Gennaio 2018 alle ore 10:21 da Plinio Borghi

Avere punti di riferimento è un’esigenza: nessuno può essere talmente autosufficiente in tutti i campi da non aver bisogno almeno di un confronto. Gli stessi responsabili della cosa pubblica, per quanto illuminati, si fanno circondare da consiglieri personali ed esperti nelle varie materie. Da bambini non c’è problema: genitori ed educatori li troviamo già “confezionati” e disponibili. Divenuti un po’ più grandicelli, quando si affacciano le prime difficoltà di carattere spirituale e morale, l’ottica si allarga verso un confessore o, meglio ancora, un padre spirituale col quale poter creare un feeling adeguato. Più avanti anche gli amici del gruppo o del “branco” possono costituire un momento d’appoggio, specie su cose di cui magari riteniamo poco consono parlare ai genitori. Qui s’impone il massimo dell’attenzione e una preparazione il più matura possibile all’approccio, per non correre il rischio di farsi abbindolare da chi forse tanto a posto non è e sembra affidabile, ma è solo scaltro. Meglio avere sempre il piede su due staffe e tenere attivo sulle cose il rapporto con i riferimenti tradizionali; una tecnica da adottare anche da adulti, se si vuole evitare il rischio di farsi male da soli. Un buon insegnamento in tal senso non poteva che venire dal vangelo di oggi. Giovanni, nella sua correttezza e umiltà, ha sempre avvertito che sarebbe arrivato uno più grande di lui e, rinunciando al suo ruolo di referente, lo indica ai suoi senza indugio: “Ecco l’agnello di Dio!”. Gesù, raccomandato da cotanto predecessore, avrebbe potuto benissimo rastrellarli tutti senza tante cerimonie. Macché! Prima chiede loro cosa volessero e, ricevuta come risposta interlocutoria: “Rabbi dove abiti?”, disse loro; “Venite e vedrete”. Sappiamo com’è andata a finire e poi il passaparola ha fatto il resto. A me è sempre piaciuto tanto il taglio dato a questo racconto dall’evangelista Giovanni: andare a casa di qualcuno, trovarsi a proprio agio, soffermarvisi addirittura per la notte ha significato una scelta radicale, un approdo a quello che sarebbe divenuto un punto di riferimento definitivo, di quelli che ti trasformano e che manterrai per la vita. Noi cristiani possiamo contare su un valore incommensurabile, rispetto a chi ne ha altri o non crede affatto. Peccato troppe volte lo sottovalutiamo. Facciamo come il Samuele della prima lettura di oggi: una volta saputo da Chi arrivava la voce che lo chiamava non lasciò andare a vuoto una sola delle Sue parole.

Lettera aperta del 14 gennaio 2018

Inserito il 10 Gennaio 2018 alle ore 19:34 da Redazione Carpinetum

Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 14/1/2018. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.

Dentro la quotidianità

Inserito il 10 Gennaio 2018 alle ore 18:14 da Don Gianni Antoniazzi

Con il Battesimo di Gesù domenica scorsa si è concluso il ciclo di Natale. È iniziato il tempo ordinario della fede che ci porterà fino alla solenne celebrazione delle Ceneri, il 14 febbraio.

Dopo Natale siamo entrati nel tempo ordinario della fede.

L’aggettivo “ordinario” rischia di indicare uno spazio mediocre, quasi di routine faticosa, priva di passione. Una sorta di passaggio obbligato da affrontare con remissività. La persona matura, però, vive di fatti ripetitivi e “ordinari”: ogni giorno mangia, lavora, si lava e riposa. Questa regolarità non è soffocante, ma realizza la crescita compiuta. Di più. Il termine “ordinario”, così come la parola “standard”, da una parte fa riferimento ai fatti normali (per esempio ci può essere una “prestazione ordinaria” che indica il livello medio per un’attività), dall’altra parte lo stesso vocabolo può fare riferimento anche a valori ottimali. C’è per esempio il “modello ordinario” che vale come “esemplare standard”, di perfezione irremovibile, al quale tutti dovranno puntare.

Così, il tempo che ci sta davanti prima della Quaresima può essere addirittura eccellente: quello nel quale porre le basi solide per il futuro. Con questo spirito appassionato, la parrocchia rilancia tutte le sue attività e propone anche alle famiglie di partecipare con entusiasmo alla vita della fede nella quotidianità.

don Gianni

Avere curiosità è già conoscere…

Inserito il 7 Gennaio 2018 alle ore 10:03 da Plinio Borghi

Avere curiosità è già conoscere. S’è detto che se non si prova più curiosità si finisce di vivere. Sì, perché siamo nati per conoscere e tendiamo verso la Conoscenza a tutto tondo, che è Dio. La curiosità sollecita il desiderio di sapere e di conseguenza la ricerca, che a sua volta si appaga della verità. Di ciò l’esempio più fulgido ci viene proprio dai Magi: infatti, come dovrebbe essere per tutti gli studiosi seri, erano votati a tale impostazione e l’hanno praticata spendendovi la loro vita. E non si sono accontentati di acquisire dati in modo passivo, dandoli per scontati, ma vollero procedere alla loro verifica, mettendosi personalmente in moto. Non erano uomini di fede, come la intendiamo oggi, ma ne possedevano i presupposti, compreso l’approfondimento delle Sacre scritture, cosa invece che da parte nostra lascia tanto a desiderare. Quante volte ci siamo resi conto che l’unico baluardo contro i tentativi di sopraffazione sarebbe una fede granitica (Gesù si accontenterebbe di un granello di senapa!) e invece facciamo acqua da tutte le parti! La saga delle rivelazioni che stiamo celebrando in questo periodo (Epifania, Battesimo e miracolo alle nozze di Cana) sia incentivo a scuoterci dalla nostra indolenza: perché ci tocca vedere che, nonostante il vantaggio dei punti di partenza, sono gli altri a darci la birra? Il nostro Maestro, che non aveva bisogno del battesimo di Giovanni, vi si sottopone in ossequio alla prassi e perché sa che l’investitura che ne deriva in modo così eclatante è l’incipit di una testimonianza inequivocabile, tanto è vero che lo condurrà alla morte. La nostra iniziazione cristiana non va vissuta come un mero momento propedeutico in funzione di un’eventuale e futura scelta: è essa stessa una scelta ben precisa, da fare subito e da consolidare nel tempo attraverso i Sacramenti e l’assorbimento della buona novella. Poco importa se il primo passo è compiuto alla nostra nascita dai genitori, anzi: quante scelte che ci riguardano sono compiute da altri per nostro conto e alle quali nel prosieguo ci rimane sempre la facoltà di abdicare! È specioso e irresponsabile rinviare il tutto a quando il virgulto sarà più grande e in grado di decidere. È come impostargli una dieta sbagliata o non immunizzarlo con i dovuti vaccini, tanto ci penserà lui quando sarà il momento. E quel momento, più si va avanti, più si fa arduo. Speriamo che le manifestazioni che stiamo celebrando provochino almeno una profonda riflessione sulla coerenza col battesimo che abbiamo ricevuto.

Lettera aperta del 7 gennaio 2018

Inserito il 3 Gennaio 2018 alle ore 19:10 da Redazione Carpinetum

Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 7/1/2018. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.

I laici nella Chiesa

Inserito il 3 Gennaio 2018 alle ore 19:09 da Don Gianni Antoniazzi

Dopo il Concilio Vaticano II sono state riconosciute ai laici sempre più spazio e maggiori responsabilità nella vita ecclesiale: si tratta di un servizio prezioso che si auspica più stabile.

Il legame della gente con la “Chiesa” è particolare. In occasione dei funerali, spesso mi riferiscono che il defunto era credente in Cristo, ma slegato dall’Istituzione. Come se si potesse amare il Gesù dei Vangeli, senza responsabilità verso i fratelli di cammino segnati da fragilità. Dall’altro lato però, grazie a Dio, ci sono anche laici che si considerano parte della Chiesa e la sostengono con passione. Dopo il concilio Vaticano II, per esempio, si sono aperte le strade del diaconato, accolitato e lettorato dei laici. Ci sono anche ministri straordinari incaricati di portare la comunione ai malati o distribuirla durante la Messa. I ruoli dei laici sono molti e vanno dal catechista all’educatore, a chi “presiede” alla carità e via dicendo: una fioritura di carismi.

Certi laici possono essere più preziosi di un prete. Ricordo, per esempio, Desiderio Boso, un postino di Eraclea, che ha avuto a cuore le vicende di un piccolo oratorio in località “Paluda”. Senza essere smentito posso dire che dalla sua passione sono nate molte vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata. Certo che bisogna stare attenti, perché, come in tutte le altre circostanze, anche nella Chiesa non è possibile lavorare senza il dolce peso della stabilità. Un laico non può chiedere di prestare servizio solo quando la presenza non comporta la croce. Anche la vita di questo mondo entra in crisi quando manca stabilità. Figuriamoci nelle questioni della fede. Coraggio dunque: esorto tutti alla scelta stabile del Vangelo. I frutti danno soddisfazioni straordinarie.

don Gianni

La “crasi” inevitabile…

Inserito il 31 Dicembre 2017 alle ore 11:20 da Plinio Borghi

La “crasi” inevitabile che deriva dalla concomitanza delle due festività, la Santa Famiglia e Santa Maria Madre di Dio, fa schizzare la figura della Madonna al di sopra di ogni altra presente; un po’ come è successo la settimana scorsa tra la IV d’Avvento e il Natale. Va da sé che il centro di tutto è e rimane Dio, che in questo periodo contempliamo nella sua incarnazione in quel Bambinello di Betlemme. Tuttavia, è Lui che ha voluto intervenire col Suo progetto di salvezza nella nostra storia, scegliendo, per renderla concreta, le nostre stesse vie ed era pertanto logico che la figura di Sua Madre avrebbe assunto quel ruolo che ogni madre di famiglia ha per noi, compreso quello di essere il perno attorno al quale tutto ruota, l’angelo del focolare, la grande donna che sta dietro ad ogni grande uomo ecc. ecc. Non sto qui ad elencare tutte le doti di una mamma, perché ognuno che legge le conosce benissimo. Ne rilevo una in particolare: quella di essere mediatrice fra i famigliari e non di rado interceditrice, specie per conto degli elementi più deboli. Ed è proprio questo il ruolo che caratterizza Maria da sempre e al quale il Creatore stesso non si è sottratto, sancendone la funzionalità addirittura con la sua assunzione in cielo, prima fra le creature che un giorno seguiranno il medesimo percorso, e incoronandola (poteva far di meno con Sua Madre?) Regina degli angeli e dei santi. Con ciò, la festa della Santa Famiglia ci ricorda anche il ruolo essenziale di Giuseppe, che, nonostante le grandi figure da cui era circondato, non ha perso un net del suo protagonismo, anzi, diciamo che ne ha sicuramente guadagnato, dal momento in cui si è reso conto, pur non capendo, che attraverso la sua sposa si stava realizzando un enorme progetto, il progetto divino per eccellenza, che lui avrebbe dovuto favorire e non intralciare. Giuseppe è e rimane un richiamo per tutti noi, che, ciascuno per la propria parte, siamo chiamati non solo a corrispondere alle aspettative di Dio nei nostri confronti, ma anche ad essere a nostra volta strumenti di salvezza. Il primo passo, essenziale, è quello di perseguire in primis, sempre e ovunque la pace, rifuggendo e condannando ogni forma di conflitto, comunque inutile. Non a caso il capodanno è stato proclamato giornata mondiale della Pace. A tutti rivolgo l’augurio contenuto nella prima lettura dell’uno, dal libro dei numeri, che invito ad andarsi a rileggere.

Lettera aperta del 31 dicembre 2017

Inserito il 28 Dicembre 2017 alle ore 16:03 da Redazione Carpinetum

Abbiamo inserito nel sito lettera aperta del 31/12/2017. Aspettiamo i vostri commenti in email o direttamente sul blog.

Tutto è grazia per noi

Inserito il 28 Dicembre 2017 alle ore 15:33 da Don Gianni Antoniazzi

Nell’ultimo giorno dell’anno la comunità si raccoglie nel ringraziamento per l’amore di Dio è questo il senso del canto del “Te Deum”. Un atteggiamento prezioso che va riscoperto.

Il Vangelo ricorda l’episodio di 10 lebbrosi guariti da Gesù per la loro fede. Uno soltanto fra loro torna a ringraziare per il beneficio ricevuto: era uno straniero. E il Signore sottolinea che per questo motivo egli riceve la salvezza in modo compiuto. Il vero miracolo non è la guarigione fisica, ma entrare nella dimensione della gratitudine.

In effetti per nessuno di noi è facile ringraziare. Non è un elemento spontaneo nel linguaggio del bambino. Presuppone la comprensione dell’altra persona, la vittoria sul proprio ego e la capacità di non sentirsi autori della propria esistenza.

Per essere grati bisogna comprendere e accettare l’esistenza dell’altro, capire che da lui riceviamo molto e non siamo capaci di bastare a noi stessi. Bisogna riconoscere questo fatto: “Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto?” (2 Corinti 4,7). Un uomo maturo non vive avvolto di cupidigia e di voglia di potere. Capisce che la più grande ricchezza è suscitare vita e riconosce che la sua stessa vita è sempre un dono, fiorito e sostenuto dalle mani di Dio.

Così la nostra fede non è uno sforzo intellettuale o un ossequio a tradizioni, ma un rendimento di grazia (un’Eucaristia) per la vita, il tempo, la risurrezione, la completezza nelle nozze senza tramonto. Anche nel momento del dolore il credente riconosce che “tutto è grazia”, che l’amore del Signore precede, accompagna e segue la sua vita. “È veramente giusto, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie a Dio per Gesù Cristo, nostro Signore”. è tanto più prezioso, vista la chiusura narcisistica e individualistica del nostro ambiente europeo.

don Gianni

Ormai ci siamo: è qui!

Inserito il 24 Dicembre 2017 alle ore 09:41 da Plinio Borghi

Ormai ci siamo: è qui! Crastina die delebitur iniquitas terrae et regnabit super nos Salvator mundi (domani saranno cancellate tutte le malefatte della terra e regnerà su di noi il Salvatore del mondo): era l’aggiunta all’Invitatorio che s’inseriva all’ultimo giorno della novena di Natale e che si concludeva poi col versetto Prope est iam Dominus, venite adoremus (il Signore è già vicino, venite ad adorarlo). è quasi messa in ombra la liturgia di questa quarta domenica d’Avvento, che cade proprio a ridosso del Santo Giorno, tanto aleggia ormai nell’aria il profumo del Bambino che sta nascendo. Pure il clima mondano sta un po’ cedendo al fenomeno, è già festa. Tuttavia viene da chiedersi se e come si sia compreso fino in fondo il significato di ciò che stiamo vivendo. Difficile, anche per il più assiduo praticante, visto che il vangelo di oggi riprende il racconto dell’Annunciazione; probabilmente per invitarci ad assumere l’atteggiamento di apertura e di disponibilità tenuto da Maria, anch’ella attonita, in quella circostanza. Altrimenti, subentra una presunzione impropria che è peggio di una chiusura, perché non è dato a noi di penetrare il grande mistero, ma solo di prenderne atto. Infatti, nella Messa del giorno di domani si legge l’incipit del Vangelo di Giovanni, lo stesso che un tempo veniva proclamato alla fine di ogni Messa, proprio per stoppare “fughe in avanti”. “La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta”, si dice ad un certo punto, al di là delle più recenti traduzioni. Chi erano e chi sono le tenebre? Proprio coloro che sono convinti di sapere una parola in più del libro, che credono di aver capito tutto, che di fronte al mistero non fanno “tabula rasa” dei loro pregiudizi e delle loro arroganze, della loro presunzione appunto: non comprenderunt, diceva esattamente il testo latino, si sono cioè rifiutati di “prendere” il “pacco regalo” così com’era; non si astengono dal volerne per forza analizzare il contenuto. Costoro saranno destinati a non vedere nemmeno la Gloria del Figlio unigenito, come lo stesso brano ci assicura. Noi sappiamo, ce l’ha detto il Battista, che in quel pacco c’è un progetto di salvezza e che è per tutti. Tanto ci basta per capire come la venuta del Messia, rivelazione del Padre, vada vissuta nella più ampia accoglienza e analogamente partecipata: non può essere un gesto passivo né ci è consentito di tenere la gioia tutta per noi. In questo senso l’augurio di BUON NATALE va rivolto con entusiasmo a tutti.

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